L’anno scolastico è ormai avviato ed è in arrivo anche una stagione di riforme che avrà la scuola come protagonista. Il primo tassello presentato da Mario Draghi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza è infatti quello dell’istruzione, che riceverà 18 miliardi di euro.
Il Piano, ricordiamo, prevede riforme e investimenti che riguarderanno gli Istituti tecnici e professionali, l’orientamento per accompagnare gli studenti nella scelta del percorso di formazione, il reclutamento e la formazione degli insegnanti, i nuovi ambienti per la didattica e l’edilizia, l’innovazione dei contenuti didattici.
I problemi su cui intervenire sono molti.
Dalle ultime indagini Istat sui livelli di istruzione risulta ancora evidente il divario territoriale tra le regioni del Nord e quelle del Sud. In particolare, la popolazione residente nel Mezzogiorno risulta meno istruita rispetto a quella nel Centro-nord: il 38,5% degli adulti ha il diploma di scuola secondaria superiore e solo il 16,2% ha raggiunto un titolo terziario. Altro tema centrale dell’attualità scolastica che andrebbe affrontato è senza dubbio quello delle classi sovraffollate, le cosiddette “classi pollaio”.
Come prevede il decreto n.81 del 2009 sulla formazione delle classi, il numero di alunni per sezioni-classe va da un minimo di 18 a un massimo di 26 (con deroga a 29) nella scuola dell’infanzia, da 15 a 26 (con deroga a 27) nella scuola primaria; da 18 a 27 (con deroga a 30) nella secondaria di primo grado; da 27 a 30 fino a +10% nelle scuole secondarie di secondo grado. E’ evidente che nella formazione delle classi ci si muove nell’ottica del numero massimo possibile per cui vengono meno tutti i criteri di distanziamento indicati nella lotta alla pandemia. E’ per tale motivo che all’interno del piano, rappresenterà una priorità anche l’edilizia scolastica, e a questo proposito è stato redatto il XXI rapporto di Legambiente “Ecosistema scuola” (dati 2020) con l’obiettivo di mettere a nudo tutte le verità sulla qualità dell’edilizia scolastica nel nostro Paese, senza lasciare spazio a dubbi.
Secondo l’analisi di Legambiente la scuola italiana attraversa da anni ingenti difficoltà: il patrimonio edilizio scolastico è vetusto, un edificio su due non ha ancora il certificato di collaudo statico (46,8%), di agibilità (49,9%), di prevenzione incendi (43,9%).
Infine, gli investimenti saranno anche orientati a dare maggiore Dignità al mestiere dell’insegnante, soprattutto con le nuove norme a tema reclutamento. Su questo punto, la riforma dovrebbe ricalcare la struttura dell’ultimo concorso straordinario, ovvero valutazione dei titoli e dei servizi, prova computer based, anno di prova e test finale. L’obiettivo sarà quello di semplificare e velocizzare la procedura, mettendo così fine al problema del precariato cronico.La nostra priorità resterà quella di sollecitare l’impegno del governo per giungere ad una procedura straordinaria per gli insegnanti di religione che hanno all’attivo almeno tre anni di servizio.
Lo ribadiamo ancora una volta: l’eventuale assunzione dei docenti di religione precari con oltre 36 mesi di servizio con una procedura per titoli e servizi inciderebbe a livello economico con un incremento di spesa pari a zero.
Questo particolare beneficio per le casse dello Stato deriva dal fatto che tali docenti già beneficiano della progressione economica di carriere come i docenti di ruolo. Pertanto, la spesa della loro immissione in ruolo è pari alla spesa prevista attualmente nel bilancio dello Stato per i precari che insegnano religione. Un motivo in più, quindi, per decidere in favore di un concorso straordinario, anche con prova finale al termine dell’anno di prova, a dimostrazione che non si tratterebbe di sanatoria ma di una modalità che tiene conto della pluriennale esperienza lavorativa già maturata dai docenti precari.