top of page
Immagine del redattoreAlberto Piccioni

Parlare della complessità agli adolescenti: intervista allo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet



complessità

Nel rapporto tra generazioni, tra adulti e adolescenti, non si può semplificare: non ci sono ricette facili per affrontare la complessità e le novità del modo in cui ragazze e ragazzi interpretano il loro corpo, gli ambienti virtuali, le relazioni e l’identità anche di genere. In particolare, per lo psicoterapeuta, durante la pandemia gli adulti non sono riusciti a parlare con i giovani dei veri problemi e delle questioni cruciali come la morte.


complessità Gustavo Pietropolli Charmet

Uno dei compiti della generazione degli adulti è di presentare ai cuccioli che si aprono alla vita, tutte le dimensioni della realtà - spiga Pietropolli Charmet - anche quelle della sconfitta, della perdita, della privazione, della malattia e infine della morte. L’attuale modello educativo degli adulti è orientato in una direzione completamente diversa: l’obiettivo sembra occultare la dimensione della sconfitta, a favore della dimensione del trionfo, della vittoria, del successo e della ricchezza. Una visione estremamente edulcorata di ciò che succede nella vita. Questo da un lato illude, crea aspettative, induce i ragazzi a tentare di aver successo e affermazione. Nella realtà però il riconoscimento della propria bellezza e unicità non è così facile da ottenere: emergono le dimensioni dell’insuccesso, della rabbia e rottura della relazione di fiducia nei confronti di chi aveva illuso, descrivendo la vita come una passeggiata, mentre in concreto, a cominciare dalle scuole superiori, la faccenda diventa parecchio difficile.



L’esperienza del Covid ha quindi fatto emergere difficoltà già presenti?


“La fragilità delle nuove generazioni è riconducibile ad una serie di fattori, ma sicuramente anche al fatto di essere esposti alla delusione rispetto ad aspettative di successo difficili da ottenere. Il periodo del Covid è stato esemplare: davvero gli adulti hanno taciuto ai giovani quanto grave fosse la situazione e come fossero minacciati i fondamenti stessi della nostra vita. Gli adulti attiravano l’attenzione sul rispetto delle regole, non assembramenti, distanza: tutte cose che ai ragazzi sono sembrate facili da rispettare ed hanno rispettato. Salvo poi fare i conti con l'atmosfera generale: quella della grande paura rispetto al futuro. Un attacco durissimo alle strutture portanti della vita dei ragazzi: con la scuola che traballava, incerta sul da farsi, chiusa o socchiusa. Una situazione in cui emergevano difficoltà e fragilità della nostra realtà sociale, contraddicendo la teoria di una vita facile e predisposta per il successo, felicità e riconoscimento della persona”.


Quindi cosa è mancato da parte degli adulti?


“Credo che la generazione degli adulti avrebbe dovuto farsi carico di una “educazione alla morte”, un allenamento all’esperienza dell’insuccesso e della frustrazione. Altrimenti quando viene messa in discussione la certezza del diritto ad avere successo arrivano le grandi delusioni e con esse le conclusioni estreme dei giovani: non vale la pena, è tutto un inganno, meglio il ritiro sociale”.



bottom of page