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La forza del cambiamento dentro e fuori la scuola. Il ruolo determinante dei docenti: basta crederci

Lavorando a scuola capita di chiedersi sotto quale pietra sia stata sepolta quella che comunemente definiamo buona educazione. Alunni e, purtroppo, anche qualche genitore sembrano aver dimenticato quelle elementari regole di comunicazione che consentono un dialogo sereno. Così accade che i contenuti di messaggi verbali o scritti vengano fin dall’inizio inquinati da una percezione negativa. Eppure, basterebbe così poco. Lo insegniamo anche ai bambini della scuola dell’infanzia. Le chiamiamo le parole gentili: ciao, buongiorno, grazie, prego, per favore, cosa posso fare per te, come stai, scusa… Non costano nulla pur essendo preziose. Perché allora è tanto difficile usarle? Perché il modo in cui ci si relaziona agli altri nella vita reale o nel mondo digitale è così stridente, così privo di gentilezza? Qualche esperto pensa che tutto dipenda dal fatto che siamo sempre più travolti da una società che non lascia il tempo per nulla: ci priva della pazienza e di quelle basilari forme di cordialità soffocandole con l’urgenza di trasmettere il contenuto del messaggio. Sicuramente il nostro non è un mondo facile. Basta salire in auto e immergersi nel traffico cittadino per vivere la terribile metamorfosi che ci trasforma da umani a esseri iracondi e suscettibili. Anche le realtà lavorative non sono sempre sincronizzate su quei tempi distesi che ci permetterebbero di essere più socievoli. A volte la disponibilità verso gli altri viene seppellita dall’onda d’urto di problemi impellenti da risolvere, dal senso di fatica o dalla frustrazione: di conseguenza si perde la pazienza e si alzano muri di incomunicabilità. Le stesse barriere invisibili si notano anche lungo le strade dove raramente si scorgono persone che si sorridono. Anche nei confronti dei bambini piccoli capita sempre meno di cogliere sguardi amorevoli e accoglienti. Tutto infastidisce. Tutto disturba. Nel mondo digitale, poi, questa mancanza di gentilezza evolve in forme di comunicazione aggressive, denigratorie, umilianti… e la cosa grave è che ciò non accade solo fra ragazzini, ma anche tra adulti che dovrebbero essere ben consapevoli del peso delle parole. Cyberbullismo, hate speech, discussioni portate al limite dell’esasperazione, minacce… sono tutte conseguenze ed evoluzioni di una progressiva mancanza di empatia e di rispetto verso gli altri. Quelli che vengono definiti “leoni della tastiera” sfruttano lo schermo del proprio dispositivo elettronico come arma di offesa liberando un po’ della loro rabbia repressa e mal gestita. A scuola le mascherine imposte dalla pandemia, inoltre, hanno cancellato il potere del sorriso così capita che un bambino delle elementari scriva nel suo compito dei primi giorni di scuola: – Vorrei ricevere un sorriso da tutti i compagni perché mi fa sentire bene. Come non provare costernazione e dolore di fronte a un mondo che si palesa in questo modo? In realtà tra le mani abbiamo un potere enorme. Noi docenti abbiamo la possibilità di operare un cambiamento: basta crederci e non desistere. Continuiamo a offrirci ai nostri alunni come modelli reali di gentilezza. Salutiamoli al mattino. Chiediamo come stanno e cosa possiamo fare per loro. Interessiamoci a cosa pensano e a quali emozioni provano. Innestiamo un circolo virtuoso in cui donare tempo e attenzioni diventi un flusso spontaneo. Dimostriamo che anche quando siamo stanchi (questo ai nostri alunni possiamo dirlo perché siamo esseri umani ed è importante che loro lo sappiano e provino empatia per noi) li rispettiamo tanto quanto pretendiamo il loro rispetto. Quando il 13 novembre i media ci ricorderanno lo scoccare della giornata mondiale della gentilezza, per noi non farà la differenza. Sappiamo già quanto sia importante e quanto impegno ci voglia per sorridere con gli occhi, con il cuore e con la mente. Siamo già consapevoli che lo sforzo che faremo ogni giorno, non una volta all’anno, ci premierà. Perché se non crediamo noi nella forza del cambiamento educativo, chi lo farà?o dalle difficoltà. Se dovremo viaggiare con la mascherina sul volto e con le regole del distanziamento, lo faremo… per il bene di tutti. Se incontreremo altri ostacoli, troveremo il modo per superarli. Ma mettiamoci in cammino partendo da noi e dai nostri studenti.

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