Lo Snadir ha fatto pervenire tempo addietro a tutti i docenti di religione iscritti, un testo che sicura- mente fa tenuto presente nello svolgimento dell’attività didattica sia per i contenuti che esso offre, sia per le questioni affrontate in termini problematici e di attualità. Si tratta di un testo che mette armonicamente in sinergia riflessione ed azione, fede e ragione, scienza e teologia, teologia e pastorale, quello pubblicato agli inizi di quest’anno dalle Edizioni Santocono nella collana “Teologia per tutti”. Emblematico il titolo: “L’animale divino”. Sull’umano dell’uomo , ‘questo di più di Dio’ che si autotrascende nell’amore”. L’autore è Antonio Staglianò, Vescovo di Noto, che è stato teologo consulente del Servizio nazionale della CEI per il progetto culturale e che è attualmente membro della Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazioni Sociali. Si tratta di un volumetto che con una riflessione teologica accessibile ma rigorosa, ri- sponde, ispirandosi a quanto scriveva nel II secolo l’anonimo autore della Lettera a Diogneto “L’uomo proviene dall’intimo di Dio”, alle grandi domande di senso dell’uomo contemporaneo e che affronta la vera domanda che ci interpella: “Dov’è, oggi, la verità dell’amore?
Staglianò nella epigrafe iniziale dichiara di dedicare il volume a “Papa Francesco e a quanti si prodigano affinché il Cattolicesimo sia più credibile e testimoniale, un servizio di carità all’umano dell’uomo per una sempre più diffusa civiltà dell’a- more nel mondo intero”. Le riflessioni dell’Autore si snodano lungo un percorso che utilizza un metodo dialogale ed olistico, nel senso che cerca di indagare “sull’umano dell’uomo”, su questo “di più dell’uomo” che la fede afferma pensandolo in Cristo, cogliendo prospettive filosofiche e teologiche nelle quali convergono le tesi di autori vari, come Teilhard de Chardin, Blaise Pascal che parla dell’uomo come “canna pensante”, Jean Jacque Rousseau che sostiene la possibilità per l’uomo di diventare perfettibile, Friedrich Nietzsche che individuava la grandezza dell’uomo “nell’essere ponte”, Ernest Bloch, ateo, che ammette come nell’uomo vi sia un “continuo autotrascendimento di sé” teorizzando, così, un “autotrascendimento senza trascendenza”. Entrando poi nello specifico più decisamente teologico, Staglianò passa a delineare il senso dell’umano in Gesù, per arrivare alla conclusione che “in Gesù si registra un’umanità veramente nuova, un’umanità che non si lascia incapsulare dentro le definizioni religiose del tempo: è un’umanità antinomica potremmo dire, perché mostra di portare in sé, dentro di sé, qualche cosa di troppo, di eccedente che – in questa prima fase pre-pasquale – , non potremmo dire “è Dio”, poi con la Pasqua diremo “è Dio” (p.26). Dunque nel crocifisso c’è l’umano giunto a perfezione, in Cristo c’è l’uomo nuovo, e da ciò ne deriva – come si legge nel volume – che “il nostro riferimento a Cristo diventa decisivo per gli uomini(e la missione è indispensabile) non per diventare angeli, ma semplicemente per restare umani”.
La originalità di questo volume sta pertanto nella visione di una ermeneutica dell’umanità di Gesù che va oltre le letture cristologiche da sempre proposte, per puntare l’attenzione su una riflessione quanto più aderente alla visione evangelica. Si ha l’impressione che Staglianò voglia, paradossalmente, “liberare Gesù”, come direbbe lo scrittore francese Bourgeois , secondo il quale nel parlare di Gesù spesso accade una cosa verissima, e cioè che Gesù viene imprigionato dai nostri schemi, dai nostri settarismi, dai nostri controlli e dalle nostre censure, dalle nostre abitudini, prudenze e istituzioni, al punto che vie- ne falsificato nella sua vera umanità evangelica. La liberazione consisterebbe dunque nel lasciare che Gesù resti lui stesso; liberare lui significa liberare noi: da quello che gli imponiamo.
Quando nel suo volume Antonio Staglianò parla, con riferimento a Gesù, di “un’umanità antinomica”, il pensiero non può che andare ai vangeli, dove, se leggiamo attentamente, Gesù ha vissuto, e mi avval- go dell’espressione di un altro autore francese, il Barreau, l’equilibrio dei contrari, tant’è che Gesù è stato esigentissimo e profondamente comprensivo nello stesso tempo; è stato un leader, che però si è fatto servitore degli altri; si è dedicato al Padre ma anche guardato agli uomini; è stato un contemplativo che ha trascorso notti in preghiera ma anche un uomo di azione, forte e mite; è stato delicato e all’occorrenza battagliero, abile e semplice; ha partecipato ai momenti di gioia della vita umana pur vivendo molto poveramente.
Alla luce di tutto questo, appare improponibile nel nostro tempo l’interpretazione umana di Gesù nella veste o di un romantico dell’amore e della povertà o di un astuto diplomatico o di un guerrigliero rivoluzionario in cerca di potere; egli ha proposto una rivoluzione diversa, non ha fatto la rivoluzione ma ha vissuto da rivoluzionario. Gesù nei vangeli si rivela “un uomo” preso da una passione”, o meglio appassionato per una “causa”: il regno di Dio, al quale consegna la sua esistenza e tutte le sue energie psichiche, intellettuali, spirituali e corporali e per il quale impegna la sua umanità con l’azione e con la parola, svolgendo una notevole azione liberatrice e rispondendo alle esigenze e alle domande di liberazione interiore dell’uomo. Gesù, ancora, ricompone, con il perdono dei peccati, il rapporto tra l’uomo e Dio liberando uomini e donne dal peso di una esistenzialità fallita; va alla ricerca di una comunione con i più deboli, gli emarginati e disprezzati della società del tempo, con le folle povere ed ignoranti, con i peccatori e i pubblicani, con le donne e i bambini (Cfr Mt 9,10-13; Lc 5,19-32). Ecco, in estrema sintesi, l’umanità di Gesù!
Ecco, allora, – come scrive Staglianò – che “ci interessa quello che Gesù ha fatto, quello che Gesù ha detto. Ci interessa l’imitazione di Cristo, ci interessa la sequela Christi, non tanto per i nostri giochi spiritualistici, devozionisti o pietistici”. E “Dove è possibile reperire, dunque, questo essere di-più che è dentro l’esperienza di ogni uomo e che può costituire una vera e propria definizione dell’uomo in quanto animale-divino?” Questa la domanda centrale del volume di Staglianò, che trova la risposta nel “Novum di Gesù” e “il Novum di Gesù è kainos, e il novum è la cosa più nuova, nuovamente nuova, nuova sempre ogni volta”. In Gesù, insomma, il cristianesimo “propone un’idea di uomo che non ruba, non si corrompe, non corrompe gli altri”, atteso che “ ‘l’essere di più’ che costituisce e determina la sua vita impegna la sua vita a donarla per l’altro e non piuttosto a possederla, a sfruttarla per il proprio piacere e in faccia al dolore e alla sofferenza di altri”(p. 50). “Con il cristianesimo – secondo l’Autore – nasce l’uomo nuovo che non disprezza, ma serve, che non reifica mai l’altro, ma diventa dono-per altri, che non sfrutta, ma solidarizza, che non uccide, ma ama, spingendo il dono della vita fino alla morte, nel perdono dei nemici.
È una visione antropologica dominata dalla pro-esistenza, sulla scia di Gesù che ha vissuto e ha an- che annunciato il Regno di Dio così, pro-esistendo per tutti. È proprio in questa prospettiva antropologi- ca che si comprende bene l’approccio cristiano ed ecclesiale al fenomeno dell’immigrazione e dell’accoglienza dello straniero, del profugo”. All’interno di questa visione antropologica Antonio Staglianò nel suo libro si addentra, infine, in questioni problematiche del nostro tempo: dalle “sfide del narcisismo e dell’ideologia gender alla frammentazione della nostra società liquida e fragile; dalla “brutezza del disumanesimo” alla “barbarie della corruzione”, per chiudere il suo percorso di analisi puntando sul problema della “verità dell’amore”, che va riconosciuta nel Cristo crocifisso e affermando, riprendendo Clemente Rebora, la necessità di cantare “al Signore il canto della propria umanità nella sua novità cristiana, nel suo novum, perché questo sarà il contributo che, umilmente, i cristiani potranno dare all’evoluzione cosmica che dal big bang aspira a mostrare la bellezza dell’uomo perfetto, l’uomo nuovo, l’uomo eucaristico”.
Un libro profondo che mette la teologia alla portata di tutti, entrando in aspetti complessi del nostro tempo sollecitando il bisogno di interrogarsi e per affermare che in Cristo si trova il nuovo umanesimo.