Far comprendere il concetto di legalità ai nostri alunni, al di là della loro fascia di età, non è sempre così semplice come potrebbe apparire, perché la legalità, connessa principalmente alle nozioni di giustizia e di democrazia (e non solo), è una idea che potremmo definire plurale, articolata e ricca di varie sfaccettature, pertanto, per una migliore comprensione di tale nozione sarà bene intraprendere la nostra riflessione dalla accezione stessa della parola, che, come tale, indica tutti quei comportamenti, pensieri, atteggiamenti attraverso i quali si aderisce al dettato delle leggi e delle regole del vivere civile. Per legalità, quindi, si può intendere, in prima battuta, il rispetto delle norme fissate da una società equa e democratica, che comporta, da parte degli stessi cittadini che la costituiscono, una partecipazione attiva e responsabile alla vita civile, economica, politica e sociale.
Ma il rispetto delle regole, da parte dei vari componenti della società, non è altro che il primo tassello del concetto di legalità, che necessita quindi di un ulteriore approfondimento. Infatti, dietro ad ogni legge o ad ogni regola deve essere considerato, in modo implicito, un valore etico, un retto principio morale che la ispira, in quanto ne costituisce l’anima e ne è la sua stessa caratterizzazione. Se la legge, nella lettera (cioè nella sua scrittura), definisce e descrive i comportamenti per il rispetto dei diritti civili e di cittadinanza, i valori in essa sottintesi, che ne costituiscono lo spirito intrinseco che la animano, ne giustificano e ne accreditano, rafforzandola, la loro promozione a tutti i livelli (culturale, sociale, politica, morale, ecc.).
Ma i valori in quanto tali, che ogni norma veicola, sono sempre da considerarsi in riferimento alla natura umana, che è sempre inscindibilmente legata alle sue relazioni interpersonali e sociali. Quando Max Weber definisce i valori, li considera come “la guida e l’orientamento delle scelte stesse” che si realizzano, nel contesto in cui l’uomo agisce, attraverso le proprie relazioni ed interazioni. Pertanto, superiormente a questi fondamenti di civiltà, normate dalle leggi, deve essere considerata al centro di tutto la “persona umana”, con la propria natura e con la propria diversità, da intendersi questa, come ricchezza e non come pericolo da cui difendersi. Di conseguenza la legalità, in questa prospettiva, da mera adesione alle leggi deve essere pensata come principio che implica irrinunciabilmente il rispetto, la cura e la promozione delle persone singole e della collettività, in tutte le loro espressioni. Quindi, in coerenza con quanto sopra espresso, in riferimento alla legalità è sempre e solo l’essere umano che viene a porsi al centro di ogni riferimento, sia come uomo, che come donna, in quanto punto nevralgico della società, che è e deve essere a suo servizio, non nel senso servile del significato, ma in quanto a favore, a sostegno e a difesa della sua crescita e della sua piena e globale realizzazione. Dunque, in ultima analisi, bisogna intendere il concetto di legalità non solo come adesione alla “lettera” delle leggi sancite dalla convenzione degli uomini (legge scritta o positiva), ma come consenso e rispetto dei principi valoriali che essa trasmette. Pertanto, in questa nostra considerazione bisogna spingersi ancora oltre, in quanto ogni legge, di per sé, essendo un atto convenzionale predisposto e sviluppato dalla ragione degli uomini (che per sua natura è fallace), non sempre è coerente con i valori insiti nella natura umana, ma può essere anche disarmonica rispetto ad essi e quindi ingiusta.
Senza impelagarci troppo nel contesto della nostra contingenza politica e sociale, prendiamo ad esempio le leggi che in alcune nazioni promuovono la pena di morte, le leggi che favoriscono l’uso delle droghe, la discriminazione femminile, la guerra, ecc. Ma proprio perché la legge, che deve essere rispettata, è solo una norma creata dall’umo e come tale possiede i suoi limiti, bisogna sempre avere come punto di riferimento i valori della persona umana.
Scrive Cicerone nel De legibus: “se la volontà popolare, o un decreto del sovrano, o una disposizione della magistratura fossero sufficienti a far sì che una cosa diventi giusta, allora basterebbe un semplice voto della maggioranza per far considerare giusta e legittima la rapina, l’adulterio o la falsificazione di testamenti”. Ma la vera legge è solo quella norma “che distingue ciò che è giusto e ciò che è ingiusto secondo la natura stessa delle cose In caso diverso, una legge non solo non dovrebbe essere considerata tale, ma neppure dovrebbe averne il nome”. Allora potremmo considerare il fatto che la legge scritta o positiva, oltre che dalla ragione dovrebbe essere orientata da quella legge che non è scritta sulle tavole o sulla carta, ma è scolpita dentro di noi, in quanto insita in noi stessi che, al di là e prima ancora della lettera, regola ed ispira i nostri comportamenti verso un senso di civiltà e di rispetto del bene degli altri e di quello comune. Questa è la legge naturale, in quanto è intimamente connaturata nell’uomo, come essere libero e ragionevole, e fa parte della sua integralità (riferendoci all’opera del filosofo francese Jaques Maritain, “Umanesimo integrale”). Ma ulteriormente, l’essere umano, in quanto tale, è anche capace di discernere ciò che è bene, da ciò che è male, in virtù di una legge incisa nella propria coscienza, che i filosofi definiscono, fin dall’antichità, legge morale Ed è proprio in virtù di questa legge, anch’essa non scritta, che noi possiamo agire davanti ad una legge ingiusta attraverso una scelta morale che è l’obiezione di coscienza, cioè la possibilità di non aderire a ciò che viene prescritto da una determinata norma giuridica, in quanto di per sé non coerente con i propri principi e le personali convinzioni etiche, morali o religiose.
A proposito di ciò, così scriveva Immanuel Kant, nella sua opera Critica della Ragion Pratica: “Due cose riempiono l’animo con sempre nuovo e crescente stupore e venerazione, quanto più spesso e accuratamente la riflessione se ne occupa: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me” Pertanto, alla luce di quanto fin qua descritto, la legalità al di là del mero rispetto delle leggi, che ovviamente devono essere rispettate, deve essere considerata come puro e naturale esercizio civico di libertà, nel rispetto della propria coscienza, oltre che delle norme scritte, vissuta come partecipazione democratica per il bene della polis, nella quale a ciascuno deve essere riconosciuto ciò che gli spetta, per il diritto alla propria esistenza e di quella altrui. Pertanto, proprio come principio della legalità, nell’aderire ad una norma si guardi più ai valori che la ispirano oltre che alla lettera.