“Nello specifico ambito della didattica non configura una violazione della privacy l’assegnazione di elaborati scritti con i quali si chiede di descrivere il contesto socio-familiare degli alunni”
Il tema della privacy a scuola è stato rafforzato dal Regolamento Europeo n. 679/2016, entrato in vigore in tutti gli stati membri dell’UE dal 25 maggio 2018. Nella scuola, come in tutti gli altri settori della pubblica amministrazione, la progressiva dematerializzazione dei documenti ha reso necessario un corretto trattamento dei dati personali, condizione essenziale per garantire il diritto alla riservatezza.
Per quanto riguarda, nello specifico, il mondo della scuola, a giugno 2010 il “Garante per la protezione dei dati personali” aveva già prodotto una interessante Guida fornendo una serie di indicazioni generali. Il tema è di particolare attualità se si considera l’aumentata presenza di alunni stranieri: alcune scuole potrebbero decidere di raccogliere informazioni sulle origini etniche, al fine di attivare specifici percorsi di integrazione socioculturale, oppure informazioni sul credo religioso (che potrebbero risultare utili anche per evitare di somministrare alimenti non consentiti da specifiche tradizioni religiose).
Le informazioni circa il credo religioso dell’alunno non hanno invece rilevanza al fine della frequenza o meno dell’insegnamento di religione cattolica essendo tale insegnamento non finalizzato ad una adesione di fede. La scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica non è quindi assoggettata alle norme sulla privacy.
Su tale questione non mancano, ancora oggi, dei fraintendimenti come si evince dalla scelta di alcune scuole (poche in verità) di non pubblicare le valutazioni relative all’insegnamento della religione cattolica, confondendo l’aspetto didattico-amministrativo con quello relativo alla identità religiosa del soggetto e relativa adesione di fede.
Il Ministero dell’Istruzione è intervenuto sul tema dell’insegnamento della religione e della privacy ribadendo la legittimità della pubblicazione all’albo della scuola delle valutazioni circa i risultati dell’apprendimento per tale disciplina. La relativa Nota ministeriale specifica “che l’aver scelto di ricevere l’insegnamento della religione cattolica non denuncia di per sé l’intimo convincimento della fede abbracciata, che, ovviamente, può essere diversa da quella cattolica, ma soltanto il desiderio di essere correttamente acculturati sulla predetta materia” (Nota 16 giugno 2004, prot. n. 10642).
Le valutazioni degli alunni (scrutini ed esami), sono quindi soggette al principio di trasparenza, e devono essere “pubblicate” all’albo delle istituzioni scolastiche.
Ricordiamo che il DPR 24 giugno 1998, n. 249 “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria” da una parte afferma che la “comunità scolastica promuove la solidarietà tra i suoi componenti e tutela il diritto dello studente alla riservatezza” (Art. 2, comma 2), dall’altra ribadisce che lo studente ha “diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento” (Art.2, comma 4).
L’omessa pubblicazione delle valutazioni inerenti all’insegnamento della religione contrasta con il principio di trasparenza e non consente all’alunno l’autovalutazione a partire dal giudizio espresso dall’insegnante. I dati sensibili che bisogna trattare con particolare attenzione sono invece quelli riguardanti lo stato di salute dell’alunno, fondamentali per: l’assegnazione del docente di sostegno agli alunni disabili (e conseguente formazione della classe con un ridotto numero di alunni), gestione delle assenze per malattia (per superare il vincolo posto dalla norma e consentire comunque che l’alunno sia scrutinato, anche se ha superato il numero consentito di assenze annuali), per attivare l’insegnamento domiciliare o ospedaliero (nel caso di gravi patologie), per la partecipazione alle attività sportive, per la partecipazione alle visite d’istruzione, per l’eventuale somministrazione di farmaci in orario scolastico.
Le istituzioni scolastiche possono trovarsi anche nella necessità di gestire dati di carattere giudiziario in quanto possono avere, tra i propri iscritti, alunni in regime di “protezione”, oppure possono essere sorti contenziosi con gli alunni e le relative famiglie (ricorsi, provvedimenti disciplinari di particolare gravità, denunce all’autorità giudiziaria).
Nello specifico ambito della didattica non configura una violazione della privacy l’assegnazione di elaborati scritti con i quali si chiede di descrivere il contesto socio-familiare degli alunni. Ricordiamo però che il vincolo di riservatezza cui sono assoggettati gli insegnanti non consente loro di diffondere all’esterno della classe i contenuti di tali elaborati.
Uno degli aspetti più delicati il tema di privacy è quello riguardante foto e video: la loro eventuale diffusione sui social network è condizionata al consenso delle persone presenti nelle immagini. Per tale motivo le scuole possono regolamentare o vietare l’utilizzo di dispositivi in grado di effettuare registrazioni audio-video, inclusi i telefoni cellulari, all’interno delle aule scolastiche dove si svolgono le lezioni.
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