La Cassazione, con una recentissima pronuncia, ribadisce che il lavoratore dipendente che assiste con continuità un familiare disabile convivente non può essere trasferito da una sede di lavoro ad un’altra senza il suo consenso (ordinanza n. 21670 del 23 agosto 2019). La Suprema Corte interviene nel ricorso di un lavoratore dipendente delle Poste Italiane SpA ma ribadisce un principio di portata generale. La Corte d’Appello territorialmente competenze aveva affermato “che nella specie lo spostamento di sede, pur comportando una maggiore distanza tra sede di lavoro e luogo di dimora della persona disabile assistita, non era tale da incidere in maniera negativa sul concreto esercizio del diritto all’assistenza”. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, non essendosi la Corte d’Appello territoriale uniformata al principio di diritto, secondo il quale “il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, nel testo modificato dalla L. n. 183 del 2010, art. 24, comma 1, lett. b), opera ogni volta muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione, anche nell’ambito della medesima unità produttiva che comprenda uffici dislocati in luoghi diversi (…) – (Cass. n. 24015/2017).
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