Mio nonno diceva: “Fai la tua parte, metti i tuoi talenti al servizio del bene comune e le cose funzioneranno”. Se fosse qui oggi vedrebbe che lo Stato ha dimenticato una parte dei suoi cittadini… Simona di Terni, insegnante di Religione da 17 anni.
Caro Ministro, mi chiamo Simona, sono precaria da diciassette anni e sono qui con mio figlio Alessio perché nella mia famiglia di origine mi hanno insegnato a credere nello Stato. Soprattutto mio nonno, Angelo, che diceva sempre quanto fosse importante fare la propria parte per quella Repubblica che lui aveva visto nascere, che tutelava finalmente i propri cittadini dando le stesse opportunità a tutti. “Fai la tua parte”, diceva, “Metti i tuoi talenti al servizio del bene comune e le cose funzioneranno”. Se fosse qui oggi sarebbe molto confuso. Vedrebbe che ho fatto la mia parte: ho studiato, mi sono impegnata, ho lavorato con passione e ho aspettato con pazienza i concorsi promessi dalla L. 186 per gli insegnanti di religione. Ma vedrebbe anche che lo Stato si è dimenticato di una parte dei suoi cittadini, i concorsi previsti da una legge dello Stato non sono arrivati. Vedrebbe che, mentre tanti miei colleghi di altre discipline hanno ottenuto il ruolo, con la possibilità di costruirsi un futuro, una casa e la tranquillità, io rimanevo sospesa ad aspettare la mia opportunità. Ferma davanti ai no delle banche che negano mutui, ferma a pregare di avere la salute per mantenere la mia famiglia. E oggi, mentre sto ancora aspettando, lo stesso Stato, che non mi ha vista in passato e non mi vede ancora oggi, mi invita quasi ogni giorno a parlare ai miei studenti di educazione alla legalità, di inclusione quando sulla mia pelle vivo una grande discriminazione. Oggi sono qui, Ministro, per chiederle una cortesia. Mi faccia educare i miei studenti alla legalità e all’inclusione senza provare imbarazzo. Mi faccia raccontare che lo Stato si è accorto di avere dei cittadini attenti, attivi, che partecipano alla vita del paese mettendo in evidenza una grande ingiustizia. Mi faccia raccontare che lo Stato ha deciso di ascoltare questi cittadini e ha deciso di togliere di mezzo questo “intoppo” che è il precariato degli insegnanti di religione. Mi aiuti ad alimentare la speranza che è possibile cambiare le cose quando sono palesemente ingiuste. Mi faccia ancora credere nello Stato e mi faccia insegnare a mio figlio, come ha fatto mio nonno con me, che, se faccio la mia parte, il mondo può cambiare.