top of page
Immagine del redattoreRedazione

Ascoltare, produrre, vivere la musica a scuola per favorire processi di cooperazione e socializzazio

Da quando ha cominciato a lasciare le sue impronte sulla Terra, l’uomo ha cercato modi e mezzi per esprimere sé stesso e il proprio mondo interiore. Non sempre il linguaggio verbale è risultato essere sufficientemente pervasivo così la musica e l’arte sono diventati canali alternativi attraverso i quali l’umanità ha narrato e descritto la spiritualità, i sentimenti, le emozioni, le idee, l’interpretazione della realtà, i desideri e i sogni. Sono forme comunicative che rifuggono la parola e toccano corde profonde. Sono ponti tra ciò che si agita dentro di noi e il mondo esterno. Sono occasioni incredibili di coesione sociale perché il loro messaggio è rivolto a tutti, indistintamente e senza confini geografici. “La musica, componente fondamentale e universale dell’esperienza umana, offre uno spazio simbolico e relazionale propizio all’attivazione di processi di cooperazione e socializzazione, all’acquisizione di strumenti di conoscenza, alla valorizzazione della creatività e della partecipazione, allo sviluppo del senso di appartenenza a una comunità, nonché all’interazione fra culture diverse” (Indicazioni Nazionali del 2012). Ecco, dunque, che la musica esce dal suo spazio ristretto previsto nell’orario settimanale degli alunni per diventare anche educazione civica e, soprattutto, luogo di incontro.

Cosa significa dunque “fare musica” a scuola in un’ottica di questo tipo? Le dimensioni fondamentali della musica, a mio avviso, sono sostanzialmente tre: ascoltare, produrre e vivere. Ezio Bosso amava ricordare che “la musica ci insegna la cosa più importante che esista: ascoltare”. Non si tratta di un mero sentire. La capacità di ascoltare è un’abilità che va esercitata, guidata e costruita prima di tutto permettendo agli alunni di incontrare generi musicali diversi per tipologia, epoche, scopi, luoghi di provenienza… Affinché le giovani generazioni apprezzino anche brani musicali del passato è essenziale dar loro le chiavi per comprenderli e interpretarli uscendo dallo schema in cui il giudizio si ferma a “bello/brutto”, “mi piace/non mi piace”. Per questo è importante dotare di significato ciò che si ascolta. Molti, per esempio, sapranno canticchiare l’aria del “Nessun dorma” con il celebre passaggio del “Vincerò”, ma pochissimi conosceranno l’opera “Turandot” di Giacomo Puccini o saranno a conoscenza del fatto che la sfida lanciata da Calaf non è quella di vincere in battaglia, ma di sciogliere, con il sacrificio di sé, l’algido e crudele cuore della principessa. La musica di ieri e di oggi è ricca di spunti per riflettere, descrivere, raccontare storie bellissime. L’essenziale è conoscerli e saperli ascoltare.

In quanto linguaggio la musica implica anche una fase di produzione che può avvenire con il movimento del corpo, l’esplorazione delle diverse possibilità espressive della voce e l’uso di vari strumenti musicali. Come accade per le lingue parlate anche il linguaggio musicale necessita di un proprio codice scritto, di tecniche espressive, di modalità di lettura, ma anche di scambi con gli altri, di condivisione di esperienze. È un mondo vasto e ricco di opportunità per i nostri studenti, a partire dai bambini più piccoli. Valorizzare il potenziale comunicativo della musica significa, inoltre, disporre di uno strumento di inclusione degli alunni con difficoltà di apprendimento o con limitata conoscenza della lingua italiana e offrire l’opportunità di scoprire particolari talenti o predisposizioni.

La musica però non potrà mai liberarsi dagli stereotipi che talvolta la relegano ingiustamente nel ruolo di disciplina minore se non viene anche pienamente vissuta. Viverla significa farsi permeare dall’esperienza musicale al punto da permetterle di raggiungere la sfera emotiva, da lasciarle suonare quelle corde profonde che sono dentro di noi. La musica deve coinvolgere, emozionare, far vibrare. Deve penetrare in ciascuno e uscire senza imbarazzo, senza paura del giudizio altrui, senza barriere. In un’ottica di questo tipo si comprende perché la musica dovrebbe accompagnare gli studenti durante tutte le fasi della loro crescita ed essere presente in ogni grado scolastico indipendentemente dagli indirizzi specifici. A Ludwig van Beethoven è attribuita questa frase: “Dove le parole non arrivano… la musica parla”. In fondo basta questo per capire quanto bisogno ci sia di musica dentro e fuori dalla scuola.

bottom of page