Quanti sono i problemi della Scuola italiana? Moltissimi, dalle strutture fatiscenti alle cattedre vuote, dal precariato degli insegnanti all’assenza di servizi, ma per il Ministro dell’Istruzione il crocifisso ha priorità su tutto. In effetti non ha mica torto! In un mondo dove Dio viene sempre più spesso rinnegato bisogna tornare a parlare del crocifisso. Accetto la sfida: parliamone!
“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!”. Questa celebre invettiva di Dante Alighieri presente nel VI canto del Purgatorio della Divina Commedia accompagna i miei pensieri mentre leggo alcuni articoli sulla questione del crocifisso.
A riaccendere la polemica le parole del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, che così si è espresso: “Credo in una Scuola laica, ritengo che le scuole debbano permettere a tutte le culture di esprimersi, non esporre un simbolo in particolare”. (Radio Rai “Un giorno da pecora”). Davvero siamo una “nave sanza nocchiere” in “gran tempesta”?
Tanti sono i problemi che presenta la nostra martoriata Scuola? Ad ottobre mancano ancora tanti docenti. Ci sono milioni di precari che hanno bisogno di essere stabilizzati. Abbiamo aule fatiscenti da ristrutturare. Manca il materiale didattico e quello per i servizi igienici. Ma… il crocifisso ha priorità su tutto! Mi verrebbe ironicamente da dire, essendo come tutti credo sappiate insegnante di Religione Cattolica, in effetti non ha mica torto il Ministro! In un mondo dove Dio viene sempre più spesso rinnegato bisogna tornare a parlare del crocifisso, e allora accetto la sfida: parliamone!
Se facciamo un breve excursus storico su questo simbolo di speranza e di salvezza per i cristiani vediamo che, il crocifisso è collocato nelle scuole italiane grazie alla Legge Casati del 1859 e per il Regio Dec. 15 settembre 1860, n. 4336 che lo prevedeva in ogni scuola, mentre il Decreto 6 febbraio 1908, n. 150, confermò il simbolo e l’insegnamento religioso nelle scuole elementari. Con lo stesso spirito inclusivo, la presenza del crocifisso in alcuni spazi pubblici è stata mantenuta in epoca concordataria (1929), ed è passata successivamente al vaglio del Consiglio di Stato e della Corte Costituzionale, nonché della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu). L’ultima pronuncia giurisdizionale sul tema è arrivata nel 2011 dalla Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo che, accogliendo un ricorso dell’Italia, ha definitivamente ritenuto legittima la sua esposizione dichiarando che la presenza in classe di questo simbolo non lede né il diritto dei genitori a educare i figli secondo le proprie convinzioni, né il diritto degli alunni alla libertà di pensiero, di coscienza o di religione. Una cosa è la laicità, un’altra è pretendere che dalla nostra vita spariscano i simboli che richiamano le nostre origini.
Chi governa dovrebbe avere la capacità di rispettare e di promuovere la libertà religiosa, dando la possibilità ai credenti di poter esprimere la loro fede. Oggi in nome della laicità che è diventata una specie di regola indiscussa, direbbero in geometria un assioma indimostrato, possiamo soffocare ogni altra identità? Esiste forse una nuova religione che si chiama “laicità dello Stato?”
Per fortuna però la teoria dei ragionamenti si scontra con l’esperienza sul campo. In classe spesso i ragazzi mi fanno notare se c’è o meno la croce appesa al muro alle mie spalle. Questo mi fa sempre piacere e mi rasserena: i giovani non hanno paura di quell’uomo in croce. Anzi ricordo che in una mia aula del liceo dopo aver fatto dei lavori non si trovava più il crocifisso. Alla parete impolverata era però rimasta la forma della croce, dunque il crocifisso non c’era, ma era come se ci fosse lo stesso. Qualcuno scherzosamente con un pennarello aveva ricalcato la forma e aveva scritto sotto: “Torno subito”. Quella scritta dava speranza. Ma il gesto più bello fu vedere quei ragazzi entrare in aula un giorno con un crocifisso nuovo tra le mani. Lo avevano comprato loro mettendo insieme i risparmi della paghetta settimanale.
Avevano bisogno di vederlo per ricordarsi di Dio e quel gesto ancora oggi mi commuove da un lato e dall’altro mi induce a chiedermi: è proprio il caso di ragionare sul crocifisso nelle scuole? Quanti crocifissi dovremmo togliere in giro per il mondo? Cominciando dalla piaga della povertà che crocifigge tante anime, fino allo sfruttamento di donne e bambini, quali sono i veri crocifissi da togliere?
L’articolo è comparso anche su www.puntofamiglia.net