Ai tempi del COVID-19, immersi nella seconda fase che apre uno spiraglio di normalità alla quotidianità di un vissuto sospeso ormai da mesi, Papa Francesco riconosce, per decreto, l’eroismo delle virtù cristiane di Matteo Farina, giovane della “generazione X” che nella sua breve vita “contagia” i suoi coetanei con l’amore incommensurabile di Dio, da lui definito «una malattia senza cura».
Matteo nasce nel 1990 in Campania, in una clinica dell’avellinese, ma trascorre la sua vita a Brindisi insieme ai genitori ed alla sorella Erika alla quale è legato da un profondo affetto. Educato all’autenticità della fede e dei valori cristiani, Matteo partecipa con entusiasmo alla vita parrocchiale e matura, fin da bambino, una profonda devozione verso San Francesco D’Assisi e San Pio Da Pietrelcina. Sente forte, sin da piccolo, il desiderio di conoscere, scoprire ed imparare cose nuove, studia con interesse, rivela attenzione e cura verso tutte le creature, pratica diverse discipline sportive e coltiva la passione per la musica e la scienza. Gentile, semplice, allegro, altruista e dotato di una decisa personalità, vive profondamente la sua “amicizia con Gesù” e sente forte il desiderio di evangelizzare i suoi coetanei, un desiderio che esprime spesso affermando: «spero di riuscire a realizzare la mia missione di ‘infiltrato’ tra i giovani, parlando loro di Dio; osservo chi mi sta intorno, per entrare tra loro silenzioso come un virus e contagiarli di una malattia senza cura, l’Amore!».
Nel settembre del 2003, a causa di problemi alla vista e frequenti mal di testa, si sottopone ad una serie di controlli medici, inizialmente in vari ospedali italiani, in seguito presso la clinica INI di Hannover, dove viene sottoposto ad un intervento di biopsia al cervello.
Matteo trova nella fede la forza di vivere la malattia che arriva senza preavviso a sconvolgere la sua esistenza; in questo periodo inizia a scrivere un diario, «il diario di un bambino tredicenne che vive un’esperienza spettacolare», sperando di «riuscire a dare gioia e forza a chi ne ha bisogno», e definendo ciò che stava vivendo come «una di quelle avventure che cambiano la vita e aiutano ad essere più forti e a crescere, soprattutto, nella fede».
Le pagine del diario rivelano un Matteo coraggioso, attento alla cura e alla serenità dell’altro, un Matteo in continuo dialogo con Gesù; un Matteo che non rinuncia alla recita quotidiana del Santo Rosario. Dopo una degenza di circa due settimane ad Hannover, torna a casa e riprende progressivamente la sua vita di adolescente: supera con eccellenti risultati gli esami di terza media e crea un fondo per le missioni africane in Mozambico, nel quale non solo deposita i suoi risparmi, ma convince anche i familiari a rinunciare agli acquisti natalizi, commutandoli in offerte per i bisognosi dell’Africa.
Appassionato d’informatica si iscrive all’ ITIS “G. Giorgi” di Brindisi, ma purtroppo una risonanza magnetica rivela la necessità di ritornare in Germania, è il gennaio del 2005 e Matteo affronta tutto con un abbandono incondizionato alla volontà di Dio.
Nell’aprile dello stesso anno il giovane rientra a Brindisi, sempre disponibile verso l’altro, viene soprannominato dai suoi amici “il moralizzatore” poiché pronto a parlare di Dio in ogni occasione e ad incoraggiare la pace nei rapporti di amicizia.
Nell’ottobre del 2008, mentre si appresta a frequentare l’ultimo anno delle scuole superiori per poi sostenere l’esame di stato, Matteo si reca ad Hannover per dei controlli periodici, purtroppo risulta una recidiva ed il ragazzo viene sottoposto al primo di tre interventi, che miravano a rimuovere un tumore celebrale di terzo grado.
Le condizioni di Matteo peggiorano e, dopo il terzo intervento, rientra a Brindisi con una paralisi al braccio e alla gamba sinistra, conseguenza delle operazioni a cui era stato sottoposto; pur costretto ad utilizzare la sedia a rotelle per muoversi, continua a dimostrare tanta forza e tanta fede, affidando tutto al Padre e ripetendo spesso: «Dobbiamo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, ma non nella tristezza della morte, bensì nella gioia di essere pronti all’incontro con il Signore!».
Alla fine del mese di marzo, a causa di una forte febbre e della sopraggiunta diminuzione della funzionalità degli arti, Matteo viene ricoverato all’ospedale Perrino di Brindisi, i medici, non potendo far più nulla per lui, consigliano il ritorno a casa dove il 13 aprile 2009 si accosta, per l’ultima volta, al Sacramento dell’Eucarestia.
Sempre fedele al suo amore per il Signore e per il prossimo, pur non potendo più esprimersi con le parole, Matteo, alla domanda della mamma di offrire la sua grande sofferenza per la salvezza delle anime, fa cenno di sì con la testa e con gli occhi, e vive fino all’ultimo respiro attorniato dalla presenza, dall’amore e dalla preghiera dei suoi familiari e amici. Il venerabile Matteo Farina, nella complessità del momento storico particolarmente difficile nel quale viviamo, si distingue per la serietà e la consapevolezza con la quale affronta la quotidianità della vita ed il passaggio dall’essere un bambino al diventare un ragazzo, un giovane uomo che insegna a ciascuno di noi ed in particolare ai nostri studenti che: «abbattersi non giova a nulla, dobbiamo invece essere felici e dare sempre gioia. Più gioia diamo agli altri, più gli altri sono felici. Più gli altri sono felici, più siamo felici noi».