Rubrica: Riflessioni oltre la soglia
Oggi si va sempre più imponendo l’idea che nella società contemporanea i classici “Dieci comandamenti o Decalogo” siano una realtà superata e da relegare al contesto storico dell’antico popolo di Israele. Idee del genere serpeggiano anche nella prospettiva dell’insegnamento della religione a scuola, tant’è che c’è la tendenza, in alcuni, a sorvolare arbitrariamente questa parte dei programmi dell’Irc , o perché ritenuta inopportuna e improponibile agli studenti di oggi, o perché giudicata dai docenti, forse, di stampo quasi strettamente catechistico.
Appare pertanto importante al fine di superare queste pre-comprensioni, collocare nella giusta direzione culturale il Decalogo, perché se ne colga la sua valenza sociale, etica e formativa sul piano della educazione dello studente alla convivenza civile e alle relazioni e perché si vada oltre la convinzione che i comandamenti in se stessi siano in contrasto, proprio per la loro formulazione negativa, con la libertà dell’uomo, il quale deve invece essere libero di lasciarsi guidare dalla sua ragione nel suo agire umano, senza dare ascolto a norme che vengono dall’esterno.
La prima cosa necessaria nell’accostare gli studenti allo studio del Decalogo è partire da una serie di domande: che cos’è un comandamento divino? Perché esistono i dieci comandamenti? Chi li osserva è davvero meno libero? La risposta a queste domande esige, per un attimo, un tuffo nella visione biblica veterotestamentaria, dove il Decalogo si inserisce all’interno del rapporto di alleanza tra Dio ed Israele: esso non è l’imposizione arbitraria di un Dio oppressore e tirannico, ma la proclamazione del Dio vivente che parla e dà un insegnamento, alla stessa stregua di un padre che istruisce il proprio figlio.
Il problema vero non è quello di chiedersi se i Dieci comandamenti sono attuali oppure no, se inducono semplicemente all’osservanza di precetti o se ingabbiano la libertà dell’uomo, quanto invece di far riflettere se nella società contemporanea il posto di Dio sia stato preso da altre realtà deificate: il denaro, il potere, l’arrivismo, la vanità, la violenza, l’assolutizzazione della scienza, etc..
L’esistenza dell’uomo non può dunque fare a meno del Decalogo, perché esso non è un codice di precetti da osservare esteriormente, ma una strada di “educazione alle bellezza delle relazioni” che aiuta a comprendere che è più bello e rende più liberi amare piuttosto che odiare e uccidere; è più bello e rende più liberi rispettare i genitori piuttosto che ingannarli; è più bello e rende più liberi vivere la sessualità come una gioia dell’amore anziché farne un atto di mercificazione e di impurità; è più bello e rende più liberi dire la verità anziché vivere nella menzogna; è più bello e rende più liberi essere rispettosi delle cose altrui anziché vivere di invidia e distruggere i beni che non ci appartengono.
Il Decalogo è la strada che Dio ha dato agli uomini per vivere i loro rapporti nella bellezza e nella libertà; è la luce che illumina la società civile perché sia capace di stabilire relazioni di amore e non di contrapposizione; è l’orizzonte dentro il quale ogni uomo, credente o ateo, potrà trovare spunti di riflessione per orientare il suo ethos e dirigere la sua dimensione coscienziale più intima.
I dieci comandamenti sono ancora la strada che Dio ha dato agli uomini per vivere nella bellezza e nella libertà.
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