top of page
Immagine del redattoreRedazione

Il Gender Gap in Italia

Il diritto alla parità e la pari dignità sociale tra uomo e donna vengono sanciti dalla Costituzione Italiana negli articoli 3, 37 e 51. Proprio in applicazione dei principi di parità e di uguaglianza di opportunità tra uomini e donne, nell’articolo 37 della Costituzione viene stabilito che “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Un principio ulteriormente ribadito anche all’articolo 27 decreto legislativo 198/2006 del Codice delle Pari Opportunità, che afferma che è vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro. La discriminazione è proibita anche se attuata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza e in sede accesso al lavoro porre domande che riguardano il proprio sesso o la vita privata viola le norme di legge contenute nel Codice delle pari opportunità e nello Statuto dei lavoratori art. 8. Viola anche la Costituzione, per cui è illegale.

In Italia, l’azione legislativa negli ultimi anni si è focalizzata, da un lato, sul mondo del lavoro, che è stato oggetto di numerosi interventi normativi volti a riconoscere equiparazione dei diritti e maggiori tutele alle donne lavoratrici; dall’altro sul principio enunciato dall’articolo 37 della Carta costituzionale nel contrasto di ostacoli sia di ordine economico che sociale.

L’Italia è il Paese che negli ultimi 10 anni ha realizzato da una parte i maggiori progressi in Europa per quanto riguarda la parità di genere apportando miglioramenti  nella partecipazione delle donne nella politica, nelle cariche elettive e istituzionali nel contrastare la violenza contro le donne e verso il superamento della differenza di condizioni e trattamento tra uomini e donne nei vari campi della vita (gender gap), ma ancora molto c’è da fare per quanto riguarda la differenza di retribuzione tra uomini e donne visto che le donne guadagnano meno degli uomini. È così che nasce il gender pay gap, ovvero il differenziale retributivo tra uomini e donne a parità di ruolo e di mansione. Le donne percepiscono meno di un uomo pur essendo laureate e più istruite e fanno meno carriera. La maggiore istruzione non riesce a compensare una serie di fattori a loro sfavore infatti sono meno presenti nel mondo della finanza, fra manager, scienziati ed esperti informatici e sono più numerose nel settore della cura alla persona o nelle pulizie, dall’insegnante alla parrucchiera, dalla cassiera alla segretaria. Tutto ciò che permette insomma di tenere assieme professione e famiglia. Ci si affanna nella corsa degli incentivi all’occupazione femminile ma, nonostante i numerosi interventi normativi volti a riconoscere l’equiparazione dei diritti e maggiori tutele alle donne lavoratrici in Italia il divario del Gender pay gap rimane a tutt’oggi elevato. La distanza è maggiore nel settore privato rispetto al settore pubblico perché si applica il contratto del lavoro nazionale. A causa della pandemia moltissime persone hanno perso il lavoro e le donne hanno pagato il prezzo più alto.

La disparità tra i sessi e l’equilibrio tra vita e lavoro dunque è peggiorata. Per avere un’idea, basti dire che nel 2020 e 2021 il numero di donne che hanno smesso di lavorare è stato più del doppio degli uomini. Da qui la necessità e l’urgenza di intervenire concretamente per contrastare il gender gap perché se si risolvesse questo problema tutta l’Italia ne gioverebbe dato che è tra i Paesi dell’UE con il più alto divario occupazionale di genere e nella classifica del gender gap L’Italia occupa il 63mo posto su 156 Paesi.

Secondo alcune stime in Italia il tasso di occupazione delle donne porterebbe ad una crescita del Pil e avrebbe effetti positivi evidenti non solo sulla società ma anche sull’economia. Oggi un passo in avanti, finalizzato a ridurre il divario retributivo di genere e favorire la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro è rappresentato dalla legge sulla Parità Salariale del 5 novembre N.162 del 2021 in vigore dal 3 dicembre. La nuova normativa rappresenta un passaggio significativo al contrasto della disuguaglianza di genere e in particolare della disuguaglianza salariale ma anche una opportunità di crescita economica del Paese.

L’obiettivo è sostenere le aziende “sane”, che rispettano e diffondono le buone pratiche in materia di uguaglianza di genere dando così vita a un circolo virtuoso. L’importanza della donna nel mondo del lavoro è un dato ormai riconosciuto e le norme appaiono orientate verso l’abbattimento delle disuguaglianze anche se la strada da percorrere è ancora lunga. Occorre fare informazione e sensibilizzazione su questo tema perché che se da una parte servono riforme strutturali dall’altra occorre un grande cambiamento culturale.

bottom of page