A livello comunitario, con la dichiarazione di Laeken (Bruxelles) del 15/12/2001, fu creato un organismo europeo, la Convenzione, che avrebbe dovuto occuparsi della stesura della “Costituzione europea”, che, anche se firmata a Roma il 29 ottobre 2004, dai 25 capi di Stato e di Governo, di allora, non fu mai applicata perché, prima fu bocciata da Francia e Olanda, nei referendum del 2005, e successivamente britannici, polacchi e danesi annullarono i loro referendum, rendendo impossibile la ratifica. Durante i lavori di redazione del documento, vi fu una diatriba infuocata per l’ipotesi d’inserire la frase, che non fu più inclusa, che dichiarasse “la dimensione cristiana dell’Europa”. Sembrava, dalle polemiche sorte, che tra cristianesimo ed Europa, territorio geografico nel quale la religione di Cristo si diffuse capillarmente, non vi potesse essere, secondo i burocrati e i politici europei, alcun accordo possibile.
Che l’Europa abbia, nel suo seno, radici cristiane, è fuor di dubbio. La stessa diffusione del cristianesimo, come è raccontato dagli Atti degli apostoli, si sviluppò con i viaggi di Paolo in Grecia e a Roma, città nella quale si eressero le fondamenta della Chiesa cristiana e da lì si diffuse nel resto d’Europa, conformandone la cultura, la mentalità, gli usi e i costumi. Ma anche la stessa storia della Chiesa è, in gran parte, storia dell’Europa.
“La storia di ciò che intendiamo oggi per Europa, inizia con la storia che è riportata nel capitolo 16 degli Atti degli Apostoli. Paolo, durante il suo secondo viaggio missionario a Troade in Frigia (Asia minore), ebbe una visione: “egli stava davanti un Macedone e lo supplicava: Passa in Macedonia e aiutaci!”; e Paolo subito passò in Macedonia, a Tessalonica, Atene, Corinto e finalmente a Roma. Questi viaggi missionari dell’Apostolo hanno segnato l’inizio di un movimento missionario cristiano che si è esteso nei secoli successivi oltre il mondo mediterraneo fino ai popoli germanici e slavi e fino alla Scandinavia. Tramite questa attività missionaria è stata trasmessa e conservata la tradizione ebrea e l’identità della cultura greca e romana. Così l’Europa si è estesa dall’Atlantico agli Urali” (Card. Walter Kasper, in “La Chiesa e l’Europa di fronte alla sfida del pluralismo).
Dai nomi di persona, alle festività, ma non solo. L’arte e l’architettura europea e gli stessi valori di solidarietà, pace, libertà, amore per il prossimo e per il nemico, tutto ciò che impregna la cultura europea, ha subito gli influssi del messaggio e dei valori cristiani. Financo il motto ufficiale della Repubblica Francese, “liberté, égalité, fraternité”, che furono i simboli della rivoluzione francese, hanno nella loro intimità radici cristiane.
Basti pensare che lo stesso principio di Sussidiarietà, introdotto dal Trattato di Maastricht e che ha costretto l’Italia a modificare il Titolo V della Costituzione, è di derivazione cristiana, in quanto mutuato dalla Dottrina sociale della Chiesa.
Pertanto, non riconoscere i valori cristiani dell’Europa, significa avere realmente la memoria molto corta. Per questo Papa Woytila esortava: “Ancora oggi ripeto a te, Europa, che sei all’inizio del Terzo Millennio: “Ritorna te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici”. Nel corso dei secoli hai ricevuto il tesoro della fede cristiana. Esso fonda la tua vita sociale sui principi tratti dal Vangelo e se ne scorgono le tracce dentro le arti, la letteratura, il pensiero e la cultura delle tue nazioni. Ma questa eredità non appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l’avvenire da trasmettere alle generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno forgiato insieme il continente europeo” (Esortazione “Ecclesia in Europa”, n. 120 di Giovanni Paolo II).
Ciò non può che iniziare che dalla scuola, luogo determinante per l’educazione dei cittadini, che all’indomani del trattato di Maastricht (che ha introdotto la cittadinanza europea), si misura con la “Dimensione europea dell’istruzione”, che, secondo il Gruppo di lavoro della DG AI del MIUR (Marzo-Ottobre 2005) “deve diventare una realtà normale all’interno della scuola italiana; la partecipazione italiana non deve crescere solo a livello numerico ma anche a livello qualitativo”.
In tal senso, un ruolo centrale, per l’identità e la cittadinanza europea in chiave religiosa, lo assume il lavoro dei docenti di religione, che, al centro della loro attività d’insegnamento, hanno il fine di far riscoprire, ai giovani, secondo quanto definito dal Concordato Stato – Chiesa del 1984, i valori della cultura religiosa e il rilievo dei principi del cattolicesimo, come parte integrante del patrimonio storico del popolo, non solo italiano, ma anche europeo, proprio per la dimensione europea assunta dall’istruzione.
Infatti, la cittadinanza europea, finalità precipua dell’istruzione, non deve essere considerata come una mera sovrapposizione, ma come un’integrazione e completamento di quella nazionale, in quanto non sostituisce la nazionalità, ma si aggiunge ad essa, arricchendola e completandola.
In questa logica, alcuni riferimenti sul ruolo dell’IRC in funzione dell’educazione alla cittadinanza europea, ce li fornisce il Rapporto su Educazione e religione – Raccomandazione n. 1720 – del Consiglio D’Europa del 2005. Cito di seguito due, dei quattordici punti riportati nel documento, che meglio evidenziano il rapporto tra l’educazione e la religione in dimensione europea:
1) La religione – pur essendo un’opzione privata (art.1) – … è riconosciuta come una componente ineliminabile delle culture umane …, e come tale è un fenomeno che va criticamente conosciuto a scuola (art.6).
2) Uno studio oggettivo del fatto religioso dovrebbe avere tra le sue finalità quella di educare al senso della tolleranza e quindi di favorire l’esercizio della cittadinanza democratica (art.1), di combattere contro estremismi religiosi e fanatismi (art.5 e 7; 14.3), di premunirsi contro il proselitismo (art.8), e quindi di offrire ai giovani strumenti critici adeguati (art.14.3), e infine di conoscere meglio anche la storia e le civiltà umane, di cui la religione è dimensione integrante (art.8).
In Italia la CEI, da canto suo, nel 2009, ha portato a compimento una ricerca, in collaborazione con il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), svoltosi tra gennaio 2005 e novembre 2007, sulla relazione tra IRC ed Europa, confluito in una pubblicazione, per i tipi della casa editrice Elledici, dal titolo, “L’insegnamento della religione risorsa per l’Europa”. In sintesi la ricerca evidenziava, in modo chiaro e determinato, che “l’insegnamento della religione, diritto inalienabile della chiesa e tipica di qualsiasi società che si voglia definire libera, porta frutti all’intera società civile”. Con tale asserto, viene chiarito il livello culturale e civico dell’IRC, al di là di ogni equivoco, soprattutto per chi lo considera, ancora ai nostri tempi, un insegnamento catechistico e confessionale.
Nel documento conclusivo la CEI sottolinea come “attraverso l’insegnamento della religione entrano nella scuola e nel percorso di formazione delle giovani generazioni oltre all’apertura a Dio, anche l’attenzione alla formazione integrale della persona, l’esplorazione in ordine alle domande di senso dell’esistenza, la sensibilità sulle questioni etiche e sulle dimensioni del dialogo e della convivenza in una società pluralista e multireligiosa come quella europea (Atti, 434)”, precisando in questo senso, come l’IRC sia una disciplina di senso, nella misura in cui contribuisce, con le altre discipline, al raggiungimento dello scopo della missione stessa della scuola, che è quello di sviluppare, come afferma Papa Francesco, “il senso del vero, il senso del bene e il senso del bello” (discorso del 10 maggio 2014 agli insegnanti di religione della scuola italiana), incastonati in una cultura e in una società non più solo nazionale ma europea.
Pertanto, continua il documento conclusivo dello studio della CEI, “in particolare, la dimensione della conoscenza di specifiche tradizioni religiose, della loro storia e la ricerca di confronto e dialogo tipica delle modalità scolastiche, fornisce un utile contributo alla formazione sociale e civica della persona in Europa e alla sua collocazione consapevole e protagonista nella società di oggi e di domani (Atti, 434)”.
Conseguentemente, così come emerge dalle considerazioni, fin qui riportate, l’IRC, nel suo impianto epistemologico, non può eludere il suo scopo fondamentale, che è quello di contribuire, all’interno del percorso didattico, insieme alle altre discipline, alla crescita armonica della persona ed alla formazione civica e democratica dei futuri cittadini europei.
In tal senso, come approfondisce la ricerca della CEI, “può configurarsi, l’insegnamento della religione, come un contesto nel quale si incontrano e si misurano in modo speciale le diversità, in una prospettiva di sostanziale apertura reciproca che pure non esclude problemi e difficoltà (Atti, 436)”
Si auspica, quindi, che i docenti di religione, prendano coscienza della dimensione europea dell’istruzione, della quale sono parte integrante, che non esclude quella religiosa, propria del loro insegnamento, anzi entrambe le dimensioni (religiosa ed europea), nell’IRC, si integrano armoniosamente, divenendo un ricco contributo per la crescita dei futuri cittadini d’Europa e del mondo.
In tal senso, nei contenuti, l’IRC, in ogni ordine e grado d’insegnamento, deve poter proporre, nel proprio piano didattico, una programmazione che tenga conto della testimonianza e della storia di uomini e di eventi centrali dell’unificazione europea (come i padri fondatori della prima Comunità europea e Servi di Dio, Alcide De Gasperi e Robert Schumann, quest’ultimo anche francescano secolare, piuttosto che il simbolo mariano della bandiera europea, ecc.); dei valori e delle proposte civiche sottese all’impianto comunitario, come quello della pace, della solidarietà, del dialogo e della sussidiarietà (solo per citarne alcuni); delle grandi questioni aperte, sul piano storico e sociale, come il dialogo con gli ebrei (antisemitismo e shoah), musulmani ed ecumenismo; il tema della Cittadinanza (IRC come disciplina di educazione al senso e ai valori morali).
Da un punto di vista delle attività, il docente di religione, nell’ambito della dimensione europea dell’istruzione, dovrebbe inserirsi più fattivamente nei progetti in rete delle scuole, nei programmi comunitari, come l’Erasmus +, e nei progetti PON e POR scuola, dai quali l’IRC è molto spesso assente.
In questo modo può contribuire alla realizzazione di un’Europa contro ogni nazionalismo ed eurocentrismo, ma aperta al Bene Comune e al Mondo. Può inoltre aiutare i giovani a meglio delineare quella che è la vera missione storica dell’Europa (Cristiana), riscoprendone l’identità culturale e le radici Cristiane.