Anche in quest’anno scolastico 2018-2019 l’ADR ha svolto con impegno, passione e senso di responsabilità l’attività di aggiornamento e formazione dei docenti sia dell’insegnamento della religione che di altre discipline scolastiche, fornendo un qualificato servizio con convegni, seminari, Convir, corsi on line, supporti testuali, finalizzati a potenziare l’attività di insegnamento scolastico.
Dopo oltre un ventennio, la formazione e l’aggiornamento costante dei docenti di religione sono ancora oggi un obiettivo importante dell’ADR, e la nostra associazione può dirsi certamente orgogliosa di aver camminato in questa direzione da tempi lontani.
Si tratta di una scelta conseguenziale ad una relativa domanda: Perché formarsi, aggiornarsi? Rispetto ad una corrente di pensiero presente nella scuola italiana, secondo la quale aggiornarsi, partecipare a corsi di formazione, sarebbe tempo sprecato perché ormai passa l’idea che nessuno può più insegnare nulla a chi è docente o che, peggio ancora, basta insegnare come sempre si è insegnato, l’ADR ha continuato a credere convintamente che, oltre alle giuste rivendicazioni e alle giuste tutele dei diritti dei docenti per i quali lo Snadir profonde da anni un costante ed efficace impegno, bisogna tenere alta la professionalità docente in una scuola in continuo mutamento, perché non c’è alcun dubbio sul fatto che insegnare bene significa preparare l’alunno alla vita e che gli studenti della scuola al tempo del web chiedono docenti qualificati e all’altezza del loro compito.
Le emergenze educative di oggi esigono docenti motivati, competenti e che abbiano una solida conoscenza della propria materia, capacità di saper programmare, relazionarsi con gli studenti, metodologia didattica, abilità a stimolare e motivare gli alunni, a organizzare l’insegnamento e l’apprendimento in forma partecipata e ad utilizzare le tecnologie informatiche.
Per non parlare poi di tutta una serie di qualità umane e sociali dei docenti che devono stare alla base di ogni progettazione del sistema di istruzione e formazione.
L’impegno per una “cultura della formazione”
Nella scuola di oggi la formazione non può essere inquadrata nella mera prospettiva di un’etica del dovere, di un obbligo previsto dalla legge, ma deve sostanziarsi in una vera e propria “cultura della formazione” integrata nella struttura identitaria della funzione docente, funzione che si può ben esercitare se si crede nella scuola come luogo educativo ove l’attività didattica non si riduce ad un mero esercizio ripetitivo di conoscenze della propria materia.
L’insegnante trasmette regole, nozioni, concetti asettici, l’educatore trasforma i concetti, le regole, le nozioni in sapienza culturale utile alla vita. Al primo interessa l’io-so, cioè che l’alunno sappia, acquisisca conoscenze per ripeterle, insomma che impari, mentre al secondo interessa “l’io-sono”, cioè che l’alunno capisca il senso di ciò che studia, il significato delle discipline e quale è il loro impatto nella sua formazione personale di uomo e di cittadino.
Ecco perché l’ADR in questo anno scolastico che si chiude ha insistito molto su temi di educazione alla cittadinanza con respiro europeo e su temi di integrazione ed inclusione, nonché su temi legati al fenomeno del bullismo; perché la cittadinanza ®® un valore etico che lo studente deve anzitutto cogliere, metabolizzare, pensare, apprezzare nella sua valenza culturale, atteso, del resto, che i docenti hanno nella loro programmazione didattica tante possibilità per formare gli studenti ai valori dell’impegno sociale, del dono, della gratuità, della solidarietà, dell’accoglienza e della condivisione nei confronti delle fasce più emarginate e più deboli della società, sia con progetti specifici sia con gli stessi contenuti della disciplina che insegnano.
L’IRC è certamente, a dispetto di coloro che vorrebbero abolirla, una palestra di “umanità e di cittadinanza”, atteso che nel quadro delle finalità di una scuola laica cerca di mettere gli studenti nelle condizioni di “sapere comprendere” l’importanza della cittadinanza come fatto etico; di “sapere essere” uomini solidali”, di “saper fare” gesti concreti di cittadinanza attiva e di solidarietà verso l’altro. In questo quadro non ideale ma reale, l’IRC è diventata sempre più una disciplina che si spende per aiutare gli studenti a rapportarsi con la diversità (di chi non si conosce, di chi ha difficoltà, di chi è lontano); a promuovere l’autostima degli studenti attraverso la propria capacità progettuale ed operativa; a sperimentare una nuova forma di apprendimento favorendo una relazione tra vita reale, cultura religiosa e teoria; a sviluppare l’attitudine all’ascolto e al confronto con l’opinione altrui favorendo così la capacità di riflessione critica e il superamento di visioni preconcette nei confronti di argomenti, situazioni o persone; a favorire un clima di classe cooperativo dove la cultura religiosa diventa l’anima del sapere scolastico nel suo complesso.
L’IRC ha senso nella scuola perché educa e forma cittadini, cittadini europei, cittadini del mondo, dando a tutti gli studenti che si avvalgono, siano essi credenti, non credenti o appartenenti ad altre culture religiose, un sapere costruttivo, inclusivo e non divisivo, critico e responsabile, profondo nei contenuti e nelle idealità, facendo nascere la consapevolezza di quanto diceva John Donne*, poeta e religioso inglese, e cioè che
“Nessun uomo è un’isola, intera per se stessa; ogni uomo è un pezzo del continente, parte della Terra intera; e se una sola zolla vien portata via dall’onda del mare, qualcosa all’Europa viene a mancare, come se un promontorio fosse stato al suo posto, o la casa di un uomo, di un amico o la tua stessa casa. Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io son parte vivente del genere umano. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te.” JOHN DONNE
*: John Donne (Londra, 1572 – 31 marzo 1631) è stato un poeta e religioso inglese. Come religioso ricoprì il ruolo di decano della cattedrale londinese di St. Paul. Scrisse sermoni e poemi di carattere religioso, traduzioni latine, epigrammi, elegie, canzoni e sonetti. Celeberrimi sono i suoi versi di Nessun uomo è un’isola contenuti in Meditation XVII e citati da Ernest Hemingway in Per chi suona la campana e da Nick Hornby in Un ragazzo (About a Boy). “Nessun uomo è un’isola” è anche il titolo di uno dei migliori libri, del 1955, di Thomas Merton, lo scrittore religioso statunitense autore di oltre sessanta opere importanti.