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LE CITTÀ DI PIANURA: L’ITALIA CHE RESTA

Francesco Sossai trasforma il Nordest in un luogo dell’anima tra amicizie vecchie e nuove, nebbie e bicchieri condivisi. Osserva la pianura veneta con occhi sinceri e malinconici, trasformando gesti quotidiani e chiacchiere sgangherate in materia poetica.
Le città di pianura

Finalmente una boccata d’aria fresca, il cinema italiano ne aveva bisogno. Francesco Sossai ci regala un film che respira, che osserva la pianura veneta con occhi sinceri e malinconici, con uno sguardo personale trasformando gesti quotidiani e chiacchiere sgangherate in materia poetica. ‘Le città di pianura’ è un racconto sospeso tra realismo e sogno, con protagonisti Sergio Romano e Pierpaolo Capovilla i quali interpretano rispettivamente Carlobianchi e Doriano, due uomini 50enni che non smettono mai di brindare e finiscono sempre per bere “l’ultimo bicchiere”. I due attendono il ritorno dell’amico Genio, l’anello mancante del trio, che è fuggito in Argentina prima della crisi economica del 2008. Nel mentre, i due non fanno altro che parlare dei bei giorni andati raccontandosi aneddoti e muovendosi con ironia e malinconia. 


Una storia di misteri, di tesori, di amicizie, di volti passeggeri e non. Lungo la loro deriva incontrano il timido Giulio durante un festeggiamento di laurea, un giovane studente di architettura bloccato costantemente nella propria esitazione incapace di affrontare gli eventi e persino la possibilità di un nuovo amore. I due per istinto o caso diventano la sua guida, aiutandolo a uscire dal guscio, a dichiararsi, ad assaporare la bellezza della vita. Ciò rappresenta l’incontro tra generazioni diverse, tra la disillusione e la speranza, che restituisce umanità a entrambi. È Sossai a scrivere la sceneggiatura e la sua regia è all’altezza, niente sembra forzato o fuori posto, tutto scorre e il ritmo lento non pesa ma diviene una lente d’ingrandimento per osservare con occhi nuovi il Veneto e la gente che vi ci abita. Veniamo trascinati dai numerosi discorsi filosofici, i lunghi viaggi apparentemente senza meta, come quella per il Memoriale Brion, svelano alla fine il loro fascino. 


Il regista dirige con mano ferma alternando inquadrature statiche a momenti di estraniamento, iperrealismo e costruendo così un linguaggio personale dove il reale si apre al sogno. Sotto l’ironia e la malinconia, ‘Le città di pianura’ nasconde una verità semplice: bere, parlare, aspettare sono solo modi per restare vivi. E in quei brindisi infiniti, forse, c’è ancora la voglia di credere che qualcosa possa cambiare


Una storia di misteri, di tesori, di amicizie, di volti passeggeri e che non passano. Lungo la loro deriva i due protagonisti incontrano un giovane studente di architettura bloccato costantemente nella propria esitazione incapace di affrontare gli eventi e la possibilità di un nuovo amore.

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