
Sono in corso gli esami del concorso ordinario e straordinario al quale sono interessati numerosi docenti di religione cattolica della scuola italiana. Nell’augurare a tutti un meritato ingresso in ruolo, ci viene da pensare che uno dei tanti loro compiti è quello di educare alla bellezza. I nostri studenti oggi sono distratti da tante parole e molteplici discorsi. Si noti che il contrario di “distratti” è “attratti”. La domanda che oggi la scuola è chiamata a porsi è la seguente: Che cosa può attrarre gli studenti? Cosa può suscitare in loro curiosità? Cosa può intercettare quelle domande di vero, bello e buono che ognuno ha dentro? Cosa può riaccendere la loro curiosità?
E’ necessario suscitare il bisogno di educazione alla bellezza come processo capace di determinare l’esodo dalla distrazione all’attrazione verso il bene. Ci viene di pensare al bel ragionamento di Peppino Impastato sulla bellezza (tratto da ‘I Cento Passi’), in cui dice: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un'arma contro la rassegnazione, la paura e l'omertà. All'esistenza di orrendi palazzi sorti all'improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità… Ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l'abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.
In questa acutissima interpretazione di Impastato, l’educazione alla bellezza appare la spina dorsale di un rinnovato senso civico: insegnare la bellezza è un potente antidoto contro la cultura della corruzione e della furbizia e aiuta a costruirebbe un’alternativa all’omertà e alla cupezza tipici dei territori dominati dalle organizzazioni criminali. Quando l’IRC fa riflettere i nostri studenti, attraverso le programmazioni, sulle esigenze morali e sociali del Vangelo, ciò significa “aiutarli a comprendere che la religione cristiana contiene strutturalmente in sé un fondamento di bellezza e di libertà”. Perché è più bello e rende più liberi amare piuttosto che odiare e uccidere; è più bello e rende più liberi rispettare i genitori piuttosto che ingannarli; è più bello e rende più liberi vivere la sessualità come una gioia dell’amore anziché farne un atto di mercificazione e di impurità; è più bello e rende più liberi dire la verità anziché vivere nella menzogna; è più bello e rende più liberi essere rispettosi delle cose altrui anziché vivere di invidia e distruggere i beni che non ci appartengono; è più bello e rende più liberi essere solidali e giusti anziché chiudersi nell’egoismo e commettere ingiustizie.
A chi pensa all’IRC come ad un privilegio concesso alla chiesa in uno stato laico, diciamo che avvalersi dell’IRC nella scuola italiana è una opzione da non strumentalizzare o delegittimare, perché fornisce agli studenti non mere nozioni o conoscenze religiose, ma le competenze perché sappiano autonomamente scegliere la strada della bellezza e della libertà, strada che è la luce che illumina la società civile affinché sia capace di stabilire relazioni di convivenza solidale e non di contrapposizione; è la strada sulla quale ogni uomo, credente o ateo o di altra religione, potrà trovare spunti di riflessione per orientare il suo ethos, dirigere la sua dimensione coscienziale più intima ed incamminarsi verso il futuro con dignità culturale e consapevolezza critica
"L’IRC non è un privilegio concesso alla chiesa in uno stato laico. E’ una opzione da non delegittimare perché fornisce non mere nozioni o conoscenze religiose ma competenze per scegliere la strada della bellezza e della libertà; luce che illumina la società civile per stabilire relazioni di convivenza solidale e non di contrapposizione".