L’importanza del dialogo nel rispetto dell’identità e del pluralismo
- Domenico Pisana
- 2 giorni fa
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Nella vita spesso molti preferiscono essere massa, stare con chiunque rinunciando ad una propria identità, anziché “stare con se stessi”, con le proprie idee, con la propria visione della storia; insomma preferiscono essere “uno, nessuno e centomila” direbbe Pirandello. Se in ambienti tradizionali e conservatori si dà importanza all’identità come valore, in quelli progressisti si dà a volte all’identità una connotazione negativa rivestendola di un alone ideologico, e ritenendo, invece, importante il pluralismo.

dialogo nel rispetto dell’identità
Nel pluralismo moderno, dialogo e identità sono le basi per una convivenza autentica e consapevole
In verità, l’identità radicata nella memoria aiuta a fare scelte, a valutare, discernere, rischiare, lottare per la costruzione del futuro; l’identità è però valore autentico se riconosce e si apre al pluralismo, altrimenti può diventare assolutismo. Il pluralismo è un bene se accoglie e rispetta le identità poggiata sulla memoria, tant’è che Primo Levi diceva: “Non c’è futuro senza memoria”. La storia ci ha fatto conoscere una Persona di natura umana e divina capace di incarnare identità e pluralità: Gesù di Nazaret.
Egli non ha scelto di stare con il potere romano, né con l’arroganza e la prepotenza degli scribi e farisei che gestivano la religione del tempo; né con coloro che possedevano ricchezze; né si è adeguato al conformismo del tempo. Gesù non ha rinunciato ad essere se stesso, ossia l’Uomo inviato da Dio per stare dalla parte dei deboli, degli esclusi e degli emarginati; e in questa scelta, molti, dapprima, lo hanno seguito, accompagnato e applaudito, ma alla fine si è ritrovato solo, tutti lo hanno abbandonato. Scegliere di “stare con una chiara identità” gli è costata la croce: vilipeso, maltrattato, ingiuriato, trafitto dai chiodi, ha dimostrato e testimoniato all’umanità che l’amore, quando è vero ed autentico, esige delle scelte ed anche il pagare di persona. Stare con se stessi, non è egoismo ma fedeltà alla propria identità nell’accoglienza della pluralità che viene dal dialogo con l’altro.
Importante nel pluralismo delle identità è il dialogo, che non deve essere sempre surriscaldato, polemico sfociando nell’insulto, nell’offesa e in scatti d’ira. Un vero dialogo pone sul tappeto posizioni diverse, giudizi complessi e variegati; alla fine ognuno può anche cambiare idea, ma può restare nella propria posizione senza offendere l’altro.
Il vero dialogo, per quanto acceso, non deve sfociare mai nell’ira che è un’altra cosa, del resto viene annoverata fra i sette vizi capitali. La parola ebraica che indica il vocabolo dell’ira è ‘af’ il cui suono sta ad indicare e a richiamare le narici sbuffanti del collerico.
Ecco perché gli antichi latini dicevano che l’ira è initium insaniae, è un avvio verso la follia. Rende folli e chi è folle diventa incontrollabile. Se non si vuole uccidere il dialogo, è necessario che gli interlocutori riescano a fare spazio nel loro cuore al punto di vista dell’altro, alla sua opinione e alle sue proposte.
Gesù non ha scelto di stare con il potere romano né con l’arroganza e la prepotenza degli scribi e farisei. NON si è adeguato al conformismo del tempo. Non ha rinunciato ad essere se stesso, ossia l’Uomo inviato da Dio per stare dalla parte dei deboli