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La didattica laboratoriale per un efficace apprendimento

Nella scuola dei continui cambiamenti si fa sempre più strada l’applicazione di una didattica laboratoriale, poggiata su una impostazione diversa rispetto a quella tradizionale. Una domanda è d’obbligo? Perché, al di là delle indicazioni ministeriali in tal senso, la didattica laboratoriale dovrebbe modellare la scuola di oggi?

C’è anzitutto una motivazione dettata dal fatto che la società della conoscenza richiede non teste piene, ma “ben fatte”, e questo è possibile solo se nell’attività educativa gli studenti sono orientati alla scoperta, all’argomentazione e alla verifica delle ipotesi. C’è poi la questione della motivazione degli studenti, che è centrale, atteso che – come afferma A.Giordan – “uno studente apprende se è coinvolto, se prova piacere, se fa dei collegamenti, se capisce che può agganciare l’informazione alla sua rete di conoscenze”. C’è infine una motivazione legata al boom tecnologico: le nuove tecnologie di per sé non sono laboratoriali, ma offrono l’opportunità di disporre di fonti, conoscenze, strumenti per una documentazione intelligente e per una condivisione più efficace ed efficiente rispetto al passato. La didattica laboratoriale, rispetto a quella tradizionale, è fortemente centrata sullo studente, procedendo per problemi e ricerca e connotandosi come un “fare insieme” per imparare. E’ una didattica che si basa sulla “co-costruzione” delle conoscenze e che necessita di specifici protocolli e di una strumentazione specifica non per forza tecnologica, finalizzata alla elaborazione/costruzione di un prodotto che può essere materiale o cognitivo. La motivazione, la curiosità, l’attitudine alla collaborazione sono, secondo le indicazioni del Miur, gli aspetti comportamentali che integrano le conoscenze, valorizzano gli stili cognitivi individuali per la piena realizzazione della persona, facilitano la possibilità di conoscere le proprie attitudini e potenzialità anche in funzione orientativa. Dunque rispetto alla didattica “tradizionale”, che vede al centro il docente come fonte del sapere da trasmettere, che è monologica, che poggia su una comunicazione prevalentemente unidirezionale, sulla lezione, sulla spiegazione e l’interrogazione, nonché sulla “quantità di conoscenze” che si devono apprendere, la didattica laboratoriale è una didattica costruttivista, cioè si costruisce e si sviluppa con una interazione dialogica tra docente e alunni nella quale l’apprendimento non è “decontestualizzato” ma “situato” e in cui i fattori determinanti diventano :

  1. la ricerca in funzione di un problema, di una domanda autentica ;

  2. la relazione nel corso del lavoro didattico;

  3. l’auto e l’etero valutazione dell’efficacia del percorso e del prodotto;

  4. la “qualità delle conoscenze

La didattica laboratoriale nell’IRC

Per una didattica laboratoriale nell’IRC, non c‘è dubbio che in un “insegnamento reale”, cioè calibrato alla effettiva possibilità di realizzazione di un percorso didattico fattibile e verificabile, occorre effettuare una scelta didattica idonea che consenta di tradurre la programmazione in prassi didattica efficace e incisiva sul piano degli esiti da raggiungere. Tale scelta non può che fare riferimento alla didattica laboratoriale, che prevede la organizzazione dei contenuti disciplinari all’in-terno di una visione dell’ora di religione come “laboratorium”. Va precisato che quando si parla di didattica laboratoriale non si intende affermare che occorre necessariamente recarsi in un laboratorio multimediale di Istituito per poter fare lezione, ma che occorre strutturare la conduzione del gruppo classe come se ci si trovasse in un laboratorio, con tutte le possibilità e i limiti che la classe determina. Fare didattica laboratoriale implica alcune operazioni di fondo:

  1. scelta tematica del percorso lobaratoriale da farsi all’interno dei versanti contenutistici dell’insegnamento della religione: area biblico-teologica, area storico-antropologica, area ecclesiologica, area morale;

  2. strutturazione del laboratorio attorno a direzioni angolari: uso il lemma “angolo” non a caso. L’angolazione è infatti la parte prospettica dalla quale si intende guardare, insomma è un “angolo visuale” dentro il quale si collocano i ragionamenti, si utilizzano i materiali e i documenti, si attivano capacità e si verificano competenze.

La didattica digitale è in tal senso efficace. Se è vero che molte volte l’uso delle Nuove tecnologie è segnato dall’improvvisazione nello specifico didattico, soprattutto da parte di chi, ingenuamente, pensa che sia sufficiente adoperarle in qualsiasi maniera, è altrettanto vero che la didattica digitale sta cambiando il modo di insegnare e il modo di apprendere, ma, chiaramente, non si può pensare che le Nuove tecnologie siano un rimedio a tutto, specie se non c’è un docente capace che dia loro contenuto e valore. Esse sono, infatti, un tramite tra il docente e lo studente, una risorsa sempre più potente ed efficace per migliorare l’insegnamento e per esaltare le possibilità di apprendimento. Le tecnologie possono contribuire a ridefinire il ruolo dell’insegnante, ma ciò non significa che egli venga escluso dal processo; egli mantiene, infatti, la sua specificità e la sua essenziale importanza. La dimensione digitale della didattica è solo uno strumento che viene messo a disposizione dell’insegnante e dello studente per facilitare il processo di acquisizione, ma senza una adeguata formazione metodologica questo sforzo diventa difficile da raggiungere.

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