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La guerra interiore delle assaggiatrici di Hitler

Una storia vera e dimenticata di 80 anni fa, nella Prussia orientale che oggi è Polonia, rivissuta attraverso lo sguardo di Silvio Soldini. Un dramma psicologico ambientato in uno spazio sospeso tra vita e morte.
Le assaggiatrici di Hitler

Nel 1942 nella Prussia orientale, oggi parte della Polonia, 15 donne tedesche venivano prelevate dalle SS con la forza e obbligate a recarsi nel rifugio segreto di Adolf Hitler denominato ‘Tana del Lupo’. Veniva imposto loro di prender parte a un’agonia, che si ripeteva con cadenza, ogni giorno, alla medesima ora: assaggiare i cibi destinati a Hitler come forma di precauzione, per evitare eventuali avvelenamenti destinati al dittatore. Non si tratta di un’opera di fantasia ma di una storia reale, raccontata da Margot Wölkin un’intervista del 2012 poco prima di morire. Wölkin è stata l’unica sopravvissuta e testimone della storia delle assaggiatrici di Hitler, che ha ispirato l’omonimo romanzo di Rosella Postorino e, successivamente, il film Le assaggiatrici di Silvio Soldini. L’opera del regista mostra la vita, ormai stravolta, della protagonista Rosa Sauer. Con il marito al fronte e costretta a fuggire da Berlino, la donna si rifugia nel piccolo villaggio dei suoceri a Gross-Partsch. Entrata nella ‘tana del lupo’ cominciano i primi dissidi, prima con le guardie e poi tra le stesse assaggiatrici, tra rivalità e legami che si stringono, come quello tra Rosa ed Elfriede, che la chiama “la Berlinese”. 


Con uno stile sobrio e un’atmosfera controllata, anche grazie alla fotografia di Renato Berta, Soldini si confronta per la prima volta con un film in costume e torna a girare in lingua tedesca, scelta che conferisce al film un aspetto sicuramente più autentico e in questo caso più crudo. Qui ritroviamo i temi a lui più cari: paura, desiderio e sopravvivenza. Si intrecciano storie umane, in luoghi che sembrano spazi sospesi. Infatti, quelle quattro mura ci immergono nelle vite di queste donne, alle prese con follia, sentimento di disperazione e angoscia ma anche con un tenue barlume di speranza. La guerra continua, ma la si percepisce solo attraverso agenti esterni come la radio o il passa parola, quasi come se a dominare fosse la guerra interiore delle protagoniste, forse una scelta voluta. Uno spazio chiuso e sospeso che privilegia e amplifica lo stato psicologico dei personaggi. Silvio Soldini firma un’opera intensa ma misurata allo stesso tempo, dove la guerra crudele non è più fuori ma nel cuore di chi è costretto a combatterla per sopravvivere.


"Con uno stile sobrio e anche grazie alla fotografia di Renato Berta, il regista si confronta per la prima volta con un film in costume e torna a girare in lingua tedesca. Qui ritroviamo i temi a lui più cari: paura, desiderio e sopravvivenza. Si intrecciano storie di donne soprattutto ma anche uomini in luoghi che sembrano spazi sospesi."

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