Dopo un intenso periodo di elaborazione e lettura di regolamenti, disposizioni per il rientro in sicurezza, piani di didattica in presenza e a distanza… la scuola riapre le porte.
I banchi sono distanziati secondo precise regole geometriche. Gli spostamenti sono vincolati da indicazioni ferree sull’uso della mascherina e l’igienizzazione delle mani. Il comportamento di insegnanti e alunni è disciplinato dalla necessità di mettere ciascuno in sicurezza.
È tutto in ordine… l’esercito è schierato con il suo piano di guerra perché il nemico c’è anche se è invisibile.
Ed eccola… fuori campo… la vocina che chiede:
– Maestra, posso abbracciarti?
Te lo domanda perché ormai non è più scontato ciò che prima si faceva spontaneamente.
Forse non lo chiede neppure o non aspetta la risposta perché ricerca quel contatto fisico che è un vero e proprio bisogno, soprattutto per i più piccoli.
Così, tra schieramenti di banchi, mascherine e gel per le mani, l’adulto e il bambino sono uno di fronte all’altro divisi da uno spazio composto da molecole dove aleggiano emozioni e sentimenti costruiti nel tempo.
La scuola dell’emergenza Covid non è la scuola alla quale siamo abituati perché sembra demolire la pedagogia inclusiva che l’ha permeata negli ultimi anni.
Se prima prevaleva la teoria delle neuroscienze che poneva la carezza e l’abbraccio come importanti “interruttori emozionali” indispensabili per la crescita e l’apprendimento, ora si impone la logica della distanza.
Se prima si educavano i bambini a tenersi per mano, a condividere i giochi e i materiali, adesso si inverte il messaggio educativo.
Alla frase “state vicini” si sostituisce un necessario “state lontani”.
Lo strappo si sente, fa rumore riecheggiando fra i muri spogli delle aule.
D’altra parte, con il Covid non si scherza e non si possono ignorare regole volte a salvaguardare la salute della collettività. Il docente ha un importante compito educativo e sociale: non può sottrarsi al proprio dovere. Allora cosa fare? Come cucire lo strappo in un mondo che sembra capovolto?
Non esistono risposte facili. Forse la più semplice è quella di affrontare questa esperienza scolastica come una parentesi nella vita di insegnanti e alunni nella consapevolezza che l’emergenza Covid non durerà in eterno. Ma non è l’unica risposta. Non dobbiamo, infatti, dimenticare l’immenso potere della comunicazione emotiva. Malgrado il cambiamento, sono molti gli strumenti ancora disponibili.
Le mascherine copriranno parte del volto, ma non impediranno agli occhi di sorridere e alle parole di accarezzare. La distanza non ostacolerà i docenti nella volontà di creare un clima di classe sereno e di trasmettere l’amore per la conoscenza e il piacere di stare insieme.
In fondo sarà una buona occasione per fare un po’ di educazione civica e far capire che le regole sono importanti, anche quando ci sembrano difficili da rispettare, perché salvano ciò che abbiamo di più prezioso: la vita.
I contatti umani non saranno aboliti tuttavia richiederanno degli accorgimenti, finché ritenuti necessari: mascherina, visiera e gel igienizzante a portata di mano.
Non sarà per sempre. Prima o poi (speriamo il prima possibile) tutto passerà e diventerà una storia da raccontare alle generazioni future.