Avere il coraggio di vivere la vita come innocenti costretti al male”: questa è una delle lezioni più importanti di Leopardi, in una scuola malata di inerzia e di ideologie risalenti al risorgimento. Lo sostiene Franco Bulega, docente di italiano a Monza e scrittore nel suo ultimo saggio “Leopardi a scuola, Leopardi nella scuola: dal diario di un insegnante” (edizioni Aracne).
Si sentiva il bisogno di un libro del genere su Leopardi? Non è stato scritto e detto abbastanza? Ho sentito l’obbligo morale di reagire – ci ha risposto Bulega – non si tratta solo delle mie idee su Leopardi e l’insegnamento, ma di un pensiero sempre più diffuso nella scuola, per fortuna. Non è di certo il modello dominante: nella maggior parte dei casi, nella scuola stiamo andando avanti per inerzia e comodità. Diciamo sempre le stesse cose. E’ molto facile continuare a insegnare come si è sempre fatto: con dei manuali retrivi, dove troviamo la canonizzazione di autori come Montale o Leopardi. Quegli autori, piano piano, sono diventati degli schemi intollerabili. Poi è arrivato anche il libro di Alessandro D’Avenia (“L’arte di essere fragili: come Leopardi può salvarti la vita”, ndr) e allora non ho potuto fare a meno di reagire!
Lei mette in evidenza quattro parole chiave dell’opera di Leopardi: nulla, male, innocenza e coraggio. Qual è la più importante? Il coraggio: l’estrema conseguenza dell’attraversamento delle altre tre parole. Leopardi alla fine vede nella vita un grande meccanismo senza senso. Una meccanica necessaria dove però il granellino della sofferenza può inceppare tutto. Chi soffre, l’innocente, non ha chiesto di far parte del meccanismo, come l’Islandese dice alla Natura. Se qualcuno, per esperienza vissuta, arriva a mettere in fila le prime tre parole, nulla, male e innocenza, cosa fa? O si annichila o accetta la sua situazione, con coraggio, e fa fiorire la ginestra. Ovvero: di fronte al male e al nulla nessuno può impedirmi di affermare i valori di cui sono capace. Ma quanto coraggio ci vuole a dare voce ad un autore, come Leopardi, che ci chiede di fare i conti con il nulla?
Leopardi più che coraggioso ci è stato spesso presentato come creatura debole, un pò sfortunata. Tutto da rifare? “Abbiate il coraggio di vivere la vita come innocenti costretti al male”, scrive Leopardi. Una lezione meravigliosa e difficilissima da accettare.
Come si fa a farla digerire agli studenti di oggi? Ecco la grande questione: la nostra scuola fa fatica ad uscire dal Concilio di Trento. Basti pensare al nostro libro di scuola per l’italiano: i “Promessi sposi”. Se non avessimo ancora un retaggio ideologico nelle nostre istituzioni scolastiche potremmo fare delle “Operette morali” il nostro nuovo libro di scuola. Se potessimo leggere ai nostri studenti le Operette morali non daremmo loro un orizzonte ideologico condiviso, ma indicheremo la strada per una esperienza personale di attraversamento della loro vita da cui ricavare quei valori che per ciascuno diventeranno importanti.
Lei come tanti altri docenti, ha appena finito gli esami di maturità: hanno ancora senso a suo avviso? Perché funzioni c’è bisogno di una certa procedura: l’esame di maturità oggi suona come l’ultima possibilità di giudicare e condannare. L’estrema occasione del sistema scolastico, dei docenti, di esercitare il proprio ruolo non di insegnanti, ma di giudici e giudicanti. Un sistema autoreferenziale che non ha più motivo di esistere, per gli studenti.
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