Con la riapertura della scuola serve una nuova visione dell’attività didattica.
Non si ricorda, nella storia della Repubblica italiana, un finale di anno scolastico tumultuoso e incerto come quello vissuto nel giugno 2020.
Sono stati mesi – quelli trascorsi a casa per il Covid 19 – davvero impegnativi per tutti: docenti, alunni e famiglie. Ho potuto constatare di prima persona tutti i punti di vista, perché insegno in un Liceo e ho due figli, uno alle medie e l’altro alle elementari.
Tutti hanno lavorato, faticato e sudato parecchie camice. Ho visto mio figlio piangere più volte perché in crisi di fronte all’arroganza di una sua maestra che anche il giorno dei saluti ha voluto fare “ripasso-interrogazione” (le altre due molto bene), ho letto svariati whatsapp in cui i miei colleghi raccontavano i problemi, chiedevano spiegazioni sulle ordinanza del ministero, si interrogavano se il loro procedere fosse a norma, sono stato in prima persona per ore ad attendere che la mia connessione funzionasse. Diciamolo una gran Babele.
Ora è arrivato il momento di avviare un Progetto per settembre quando riaprirà la scuola. Un progetto che non sia fatto di continue circolari rivisitate dopo ripensamenti notturni, un progetto che non abbia come finalità la conclusione del “programma ad ogni costo” perché all’esame di maturità non dobbiamo fare brutta figura, un progetto che non preveda barriere all’interno dell’Istituti scolastici (abbiamo già sofferto troppo), bensì un qualcosa che potremo chiamare, ed effettivamente saranno: attività laboratoriali, incontri, ricerche, nuove modalità di fare lezione tra docenti e alunni, creazioni di video, collaborazione attiva con le famiglie.
Le possibilità sono tante e svariate. Guardiamo avanti con speranza progettando un periodo nuovo e vivendo il tutto come una sfida da vincere insieme, perché se continuiamo, come è successo sinora, ognuno per conto suo, andremo incontro ad una ancora più vistosa Babele. Ma ciò non avverrà, vogliamo imparare a Progettare ascoltando il consiglio di Einstein quando ricordava che “la misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”.
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