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CONTESTARE UN ORDINE DI SERVIZIO ILLEGITTIMO O DISCRIMINATORIO

Nel contesto scolastico, può accadere che un docente riceva un ordine di servizio da parte del dirigente scolastico che ritiene illegittimo, ossia non conforme al contratto collettivo o integrativo oppure lesivo dei propri diritti. In questi casi è importante conoscere cosa sia un ordine di servizio, quali limiti giuridici lo regolano e quali strumenti di tutela sono previsti per contestarlo.

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Che cos’è un ordine di servizio?


L’ordine di servizio è un atto unilaterale del dirigente scolastico, con il quale viene impartita una disposizione obbligatoria nei confronti del personale scolastico. E’ un atto, di regola, comunicato in forma scritta e, dunque, riveste carattere vincolante. Tale atto rientra tra i poteri di direzione, organizzazione e controllo riconosciuti al dirigente, ai sensi dell’art. 25, c. 5 del d.lgs. 165/2001, in quanto datore di lavoro pubblico.

In ambito scolastico e in riferimento al personale docente, l’ordine di servizio può riguardare, ad esempio: la sostituzione di colleghi assenti; la partecipazione ad attività collegiali; la partecipazione ai corsi di formazione obbligatori; le disposizioni sulla vigilanza degli studenti, ecc.


Limiti e illegittimità dell’ordine di servizio


Per essere valido, l’ordine di servizio deve essere non solo coerente con il profilo professionale del docente, ma conforme alle norme contrattuali e alle disposizioni di legge vigenti; inoltre, come tutti i provvedimenti dirigenziali, esso necessita di adeguata motivazione, pur implicita come nel caso della disposizione di sostituzione del collega assente.


Come si fa dunque a capire quando si può contestare un ordine di servizio illegittimo?


Un ordine di servizio è sempre contestabile se: a) esula dalle competenze professionali del docente (es. ordine di eseguire mansioni inferiori o non compatibili con il profilo); b) viola le norme contrattuali (es. carico orario settimanale, tutela del riposo, modalità di assegnazione dei compiti); c) contrasta con diritti soggettivi (es. diritto alla salute, alla riservatezza, al giusto carico di lavoro); d) è discriminatorio o ritorsivo; e) è stato impartito senza adeguata motivazione o essa risulta generica non permettendo la corretta prestazione richiesta.


Come contestare un ordine di servizio


Il docente, qualora ritenga che l’ordine sia illegittimo o lesivo dei propri diritti, non può semplicemente disattenderlo, ma deve attivare gli strumenti corretti di contestazione, evitando comportamenti che potrebbero configurarsi come insubordinazione. 

E’ opportuno, in prima battuta, inviare al dirigente una richiesta scritta e motivata per ottenere chiarimenti in merito all’ordine ricevuto, anche con riserva di ulteriori azioni. In alternativa, il docente può inviare una nota protocollata, detta  Nota di contestazione o riserva scritta, in cui manifesta la propria formale contestazione, specificando le ragioni giuridiche e contrattuali. Ciò non sospende l’efficacia dell’ordine, ma serve a tutelare la propria posizione in caso di contenzioso.


Nel pubblico impiego e, dunque, anche nella scuola, è previsto che ogni dipendente può presentare un scritto e motivato, detto  Atto di rimostranza, contro un ordine ritenuto manifestamente illegittimo. Questo atto, previsto espressamente dall’art. 17, L. n. 3/1957, rappresenta un atto di autotutela riconosciuto dalla legge per prevenire abusi o ordini palesemente contrari a norme o regolamenti. Questa forma ufficiale di contestazione, tuttavia, non esonera dall’obbligo di eseguire l’ordine, ma consente al docente di far registrare formalmente il dissenso, anche ai fini della propria responsabilità disciplinare e patrimoniale. L’art. 17 dispone infatti che il dipendente deve eseguire l’ordine ma ha il diritto-dovere di farne rimostranza qualora lo ritenga contrario a norme imperative. Il superiore deve confermare per iscritto l’ordine, assumendosi la responsabilità.

Tuttavia, quando la questione assume contorni di una certa rilevanza è consigliabile coinvolgere la propria organizzazione sindacale per una mediazione preventiva o per l’assistenza nella stesura degli atti.


La tutela in giudizio


Nel caso in cui l’ordine comporti un pregiudizio concreto e attuale (es. danno alla salute, alla carriera, economico), il docente – assistito dall’ufficio legale del suo sindacato - dovrà agire in giudizio nei confronti dell’amministrazione scolastica.

Trattandosi di un rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, le controversie rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario in funzione del giudice del lavoro (art. 63, D. Lgs. 165/2001). Si può agire per: a) dichiarare l’illegittimità dell’ordine; b) ottenere il risarcimento del danno; c) chiedere l’annullamento degli effetti. Nei casi più gravi, si può richiedere la sospensione dell’efficacia dell’ordine, quando esista il pericolo di un danno grave e irreparabile, mediante un’azione di tutela cautelare urgente, ai sensi dell’art. 700 c.p.c.



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