“L’uomo può essere nel suo intimo più forte del destino che gli viene imposto dall’esterno”. Lo psicologo viennese sopravvissuto ai campi di concentramento e fondatore della logoterapia vuole trovare in ogni individuo l’aspetto umano e spirituale. Fu prigioniero in quattro campi di concentramento, tra cui Auschwitz

Ho presentato in classe, per il Giorno della Memoria, la figura di Viktor Frankl, uno psicologo sopravvissuto ai campi di concentramento e fondatore della logoterapia che si pone come obiettivo quello di trovare in ogni individuo l’aspetto umano e spirituale. Viennese di nascita, Frankl fu prigioniero in ben quattro campi di concentramento nazisti, tra cui Auschwitz dove perse la moglie, i genitori e un fratello. In un suo libro* scrive: “Che cos'è, dunque, l'uomo? Noi l'abbiamo conosciuto come forse nessun'altra generazione precedente; l'abbiamo conosciuto nel campo di concentramento, in un luogo dove veniva perduto tutto ciò che si possedeva: denaro, potere, fama, felicità; un luogo dove restava non ciò che l'uomo può avere, ma ciò che l'uomo deve essere; un luogo dove restava unicamente l'uomo nella sua essenza, consumato dal dolore e purificato dalla sofferenza. Cos'è, dunque, l'uomo? Domandiamocelo ancora. È un essere che decide sempre ciò che è”.
Ecco una caratteristica importante di Frankl: ha deciso ciò che voleva essere e cioè non un uomo bloccato dal suo tremendo passato, non uno con sensi di colpa perché sopravvissuto ma un uomo capace di dare senso alla propria vita. Diceva: “Quando non siamo più in grado di cambiare una situazione, siamo sfidati a cambiare noi stessi”.
Nel 1946 pubblicò il libro: ‘Uno psicologo nei lager’. Lo scrisse di getto dopo la liberazione dai campi di concentramento. La particolarità di questo testo -che avrà un successo straordinario in tutto il mondo- consiste nel riferire l’esperienza di un medico-psicologo che, nonostante la drammaticità della sua esperienza, si riscopre uomo e credente. All’interno del campo, il dottor Frankl salvò con le sue cure centinaia di persone e si prodigò nel convincerle a riuscire a vivere pienamente anche nelle condizioni più disumane, dando un senso a quella ‘vita’. A riprova di ciò disse: “Quando diamo un senso alla vita, non solo ci sentiamo meglio ma siamo in grado di affrontare il dolore”
*cfr. Viktor Frankl, ‘Uno psicologo nei lager’, Ares Milano, 2012 (edizione 21)
"ll medico austriaco, dopo la liberazione, decise ciò che voleva essere: non un uomo bloccato dal suo passato, non uno con sensi di colpa perché sopravvissuto ma uno capace di dare senso alla propria vita, capace di sfidare se stesso".