Coniato 23 anni fa da Nick Pelling, il termine e il suo uso si diffondono nel 2008 quando il direttore di Zynga, società specializzata nei videogiochi, lo identifica in uno strumento interattivo per migliorare associare le meccaniche dei giochi ad altre situazioni. Dal 2010 le tecniche si definiscono come metodologia didattica innovativa.

Il termine gamification, coniato nel 2002 dal game designer britannico Nick Pelling, si diffonde nel 2008 quando Bret Terrill, direttore di Zynga, società specializzata nell’elaborazione di videogiochi, lo identifica in un efficace strumento interattivo che consente di migliorare l’impegno ideologico associando le meccaniche dei giochi ad altre situazioni. A partire dal 2010 le tecniche di gamification si definiscono come metodologia didattica innovativa d’ispirazione costruttivista che applica gli elementi tipici dei videogames in contesti non ludici caratterizzanti l’ambito formativo, per promuovere la stimolazione dinamica dell’apprendimento. L’acquisizione delle conoscenze utilizzando la meccanica dei videogiochi implica la suddivisione dell’argomento oggetto di studio in piccole unità didattiche; la successione di livelli che offrono sfide sempre più complesse; il susseguirsi di entusiasmanti missioni volte a migliorare la motivazione intrinseca dei discenti; la presenza di grafici di avanzamento con cui si incoraggia il progresso; l’assegnazione di punti che alimentano una sana competizione tra pari; l’utilizzo di ricompense simboliche che favoriscono la partecipazione attiva; e la proposta costante di feedback per accertare l’efficacia del teaching and learning process.
Organizzare l’attività educativa applicando la gamification comporta, pertanto, un’attenta pianificazione metodologica che prevede l’individuazione specifica dei bisogni del gruppo classe; la definizione degli obiettivi formativi; la progettazione di attività complesse, che correlano gli elementi del gioco con gli strumenti digitali e i contenuti disciplinari; e l’articolazione di percorsi di insegnamento volti a verificare la validità della proposta formativa in base alle risposte degli studenti. La game designer e ricercatrice americana Jane McGonial, nel suo libro ‘La realtà in gioco’, afferma che “i videogames sono capaci di portare a galla la parte migliore di ognuno noi. Anziché distrarre dagli obiettivi, aiutano a concretizzarli”; tale considerazione può ampiamente estendersi al mondo della scuola la cui utenza, costituita da nativi digitali, beneficia dell’applicazione della gamification che trasforma l’apprendimento in un’esperienza creativa ottimizzando l’acquisizione delle competenze trasversali e consentendo l’esercizio di una cooperazione attiva che trova nella classe il microcosmo favorevole alla maturazione delle abilità sociali.
"La game designer americana Jane McGonial afferma che “i videogames sono capaci di portare a galla la parte migliore di ognuno noi”. Considerazione che può estendersi al mondo della scuola costituita da nativi digitali che beneficiano della gamification che trasforma l’apprendimento in un’esperienza creativa".