La ‘coscienza dell’obiezione’ nel saggio di Enzo Sanfilippo
- Alberto Piccioni
- 9 giu
- Tempo di lettura: 3 min
Dire no alla guerra. Lo ha scritto assieme ad Annibale Ranieri. Lui è responsabile nazionale delle Comunità dell’Arca (assieme a Maria Albanese) ed è sociologo presso il Dipartimento di salute mentale dell’Azienda Sanitaria di Palermo

È urgente una nuova ‘coscienza dell’obiezione’ fondata sulle motivazioni etiche concrete della nonviolenza, sulle istanze impellenti del pacifismo e del cosmopolitismo. Ne parla Enzo Sanfilippo nel saggio ‘La coscienza dice no alla guerra’ (Centro Gandhi edizioni) scritto assieme ad Annibale Ranieri. Sanfilippo è responsabile nazionale delle Comunità dell’Arca (assieme a Maria Albanese) e sociologo presso il Dipartimento di salute mentale dell’Azienda sanitaria di Palermo.
Nel saggio si sottolinea l'importanza di passare dall'obiezione di coscienza alla coscienza dell'obiezione: gli abbiamo chiesto quali sono le maggiori difficoltà nel promuovere una coscienza critica e attiva, soprattutto tra i giovani?
Soprattutto una difficoltà di tipo politico-istituzionale nel 2004, con la Legge Martino è stata sospesa la leva obbligatoria e, di conseguenza, la necessità dell'obiezione. Questa scelta, più che una liberazione per i giovani, ha rappresentato un'occasione persa per l’obiezione di coscienza. I cittadini, chiamati dalla Costituzione alla difesa della patria, di fatto non si pongono più il problema di come assolverla in forme alternative e nonviolente. La conseguenza è stata un rilassamento degli enti di servizio civile su queste tematiche. Il nostro intento è riprendere quel percorso, anche alla luce del riconoscimento costituzionale della difesa civile non armata. Gli enti di servizio civile purtroppo oggi ai giovani offrono per lo più delle occasioni di quasi tirocinio lavorativo, anche se in attività lodevoli, ma si è persa la dimensione della non-violenza e dell’antimilitarismo
Nel saggio scrivete che la guerra è il tratto identificativo del nostro presente. Come vede il ruolo dell'obiezione di coscienza in un contesto in cui la guerra sembra normalizzata e le alternative concrete sono difficili da immaginare?
Il nostro lavoro è un inizio per riaprire questa riflessione. Non credo che la guerra sia l'unico modo per risolvere le controversie. Ci sono esempi storici, come Gandhi, e azioni spontanee di resistenza civile, che dimostrano il contrario. Se lo Stato istituisse formalmente forme di difesa civile, come previsto dalle leggi e dalla Corte costituzionale. E se il servizio civile non fosse solo un ‘tirocinio pre-lavorativo' ma finalizzato alla difesa alternativa, le cose cambierebbero
Anche Papa Leone XIV ha esordito con parole di pace e disarmo: non crede che la nonviolenza, la pace e l'obiezione di coscienza rischiano però di diventare temi legati a un ambito spirituale o religioso e meno a quello laico e istituzionale?
Provengo dalla tradizione della Comunità dell'Arca, che fonda la nonviolenza su una base spirituale, non necessariamente religiosa. Nella nostra comunità ci sono dei non credenti. Penso però sia necessario un posizionamento etico profondo, che parta da un'interrogazione intima: “Sono disposto a uccidere? Sono disposto a mandare i miei figli a uccidere?” L'espressione 'pace disarmante' di Papa Leone XIV, ad esempio, si avvicina molto all'agire nonviolento
Il dibattito sull'obiezione di coscienza non rischia di essere autoreferenziale, chiuso negli ambienti del pacifismo storico? Come possiamo aprire la discussione a nuove realtà sociali e culturali?
Sì, questo è un rischio reale. La nostra comunità, l'Arca, ha una storia importante di impegno non violento, ma siamo un movimento piccolo. Per questo, cerchiamo di dialogare con altri movimenti, anche quelli non tradizionalmente pacifisti, come il Movimento dei Focolari, e con il mondo cattolico, soprattutto alla luce degli appelli alla pace di figure come Papa Francesco
È fondamentale porsi un'interrogazione intima: “Sono disposto a uccidere? A mandare i miei figli a uccidere?” L'espressione 'pace disarmante' di Papa Leone XIV si avvicina molto all'agire nonviolento. L'Arca, ha una storia importante di impegno non violento; cerchiamo di dialogare anche con movimenti non tradizionalmente pacifisti, come i Focolari.